lunedì, febbraio 28, 2011

 

Julius di Bruno Olivieri

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domenica, febbraio 27, 2011

 

35MQ di Stefano Frassetto

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Big Bang di Massimo Cavezzali

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sabato, febbraio 26, 2011

 

Vincenzina di Giuseppe Scapigliati

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Singloids dei Persichetti Bros

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venerdì, febbraio 25, 2011

 

Le crociate di Enzo Scarton

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Crow's Village di Lele Corvi


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giovedì, febbraio 24, 2011

 

Inkspinster di Deco

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mercoledì, febbraio 23, 2011

 

Prof Knox di Pino Creanza

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Nuove strisce su Balloons: arriva Raptus di Frago

FragoFrago da solo suona un po' come Ficarra senza Picone, Stanlio senza Ollio, Ric senza Gian (d'accordo quest'ultima analogia è un po' offensiva, concetto recepito, la chiudiamo qua). La premiata ditta Frago & Mazza ci ha divertito su un'infinità di fogli e ha accumulato un curriculum di prestigio: Cuore, Comix, Smemoranda, Frigidaire, L'Ora di Palermo e un altro buon numero di periodici e quotidiani. Vignette di satira dallo stile inconfondibile, sorrette dal disegno semplice ma originalissimo di Frago e dalla scrittura tagliente di Mazza. Da qualche tempo hanno sospeso la collaborazione causa impegni professionali, Frago vive a Catania dove lavora in campo informatico mentre Mazza è un affermato copywriter a Milano, ma contano di riprenderla appena possibile.

Qui su Balloons, con la serie Raptus, arriva il Frago "strisciaiolo", in apparenza molto simile al vignettista. Personaggi anonimi e giusto un paio di oggetti sulla scena, pervasi da un anomalo spirito pop, disegnati con quel tratto tondeggiante che mette il sorriso solo a guardare, con quelle bocche e nasi bizzarri. Ma qualcosa cambia perché Frago sta cercando nuovi percorsi e qualche ambizione c'è. C'è la ricerca di una comicità più universale, più di situazioni, meno parolaia e legata alla satira politica contingente, per poter tradurre le tavole ed affacciarsi fuori dall'Italia.


Raptus di Frago

Raptus di Frago
Raptus nelle parole dell'autore sarebbe un po' un contenitore di tutto quel che gli salta in testa. In realtà un filone c'è e Frago ride su quel che conosce meglio. Le boiate di una nuova generazione assai svagata, incerta, confusa e indecisa, inzuppate in un linguaggio ironico derivato dalla nuova era informatica.

L'appuntamento è ogni mercoledì qui su Balloons. Benvenuto Frago.


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martedì, febbraio 22, 2011

 

Nirvana di Roberto Totaro

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lunedì, febbraio 21, 2011

 

Julius di Bruno Olivieri

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domenica, febbraio 20, 2011

 

35Mq di Stefano Frassetto

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Big Bang di Massimo Cavezzali

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sabato, febbraio 19, 2011

 

Singloids dei Persichetti Bros

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Vincenzina di Giuseppe Scapigliati

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venerdì, febbraio 18, 2011

 

Le crociate di Enzo Scarton

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giovedì, febbraio 17, 2011

 

Inkspinster di Deco

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mercoledì, febbraio 16, 2011

 

To be or net to be di Roberto Grassilli

Cena conviviale al termine di un incontro Wikimedia in materia di fumetto. Mi allungano con gentilezza un album di strisce. Di norma, nel mio caso, è un po' come regalare un pesce a un ittiologo. Dovrebbe conoscerli già tutti. E invece ecco un altro buco nella rete. Noi di Balloons non conoscevamo To be or net to be di Roberto Grassilli. Un po' tardi ma vediamo di rimediare perché la strip non è affatto male e viene da una storia gloriosa.


To be or net to be di Roberto Grassilli


Grassilli è romagnolo, nato a S. Pietro in Casale. Ha girato tra Bologna e Rimini dove vive e lavora ora. Beh, alle sue origini ci sareste arrivati comunque dai "soccia" che infila con disinvoltura nei dialoghi. È apparso con fumetti e vignette su Alter, Linus, Frigidaire. Ha lavorato nella redazione del settimanale "Cuore", diretto da Michele Serra, arrivando alla responsabilità di art-director al momento della chiusura della testata avvenuta nel 1996. Nella successiva era della "net-economy" si occupa di marketing e grafica e nel 1999 con G. Neri ha fondato Clarence srl. E qui inizia anche la storia di questa sua striscia.


To be or net to be di Roberto Grassilli.

A questo punto bisognerebbe raccontare che cos'era Clarence, un passato prossimo che con i cicli rapidissimi di Internet sembra oggi già remoto, se non ignoto a chi quel epoca su internet non l'ha vissuta. Windows '95 e poi '98 che ti mollavano ogni due settimane, gracchianti modem a 56k (molto teorici), ignoti siti di bricolage internettiano e orribili pagine web tirate su con Frontpage a suon di midi e agitatissime gif. Per navigare si usava il leggendario Netscape e i motori di ricerca erano Altavista e Yahoo (non continuiamo per non far lacrimare i nostalgici). Google - nato alla fine del 1998 - doveva ancora sbancare i monitor del mondo. Tutti, però, tutti con la stessa idea fissa: come fare soldi e successo con questa roba chiamata web. La net economy avrebbe poi falciato molti sogni (e molte finanze) e premiato pochissimi eletti.

To be or net to be di Roberto GrassilliArriva Clarence, nato niente meno che da una costola "telematica" (allora si diceva così) di Cuore, la leggendaria rivista di satira (la storia è un po' lunga, vi rimandiamo al rendiconto appassionato di Macchianera). Cos'era? Un portale, moderno, ricchissimo di contenuti vivaci e divertenti, il numero uno in Italia allora. Oddio forse oggi, dopo solo un decennio, servirebbe persino spiegare cos'è un portale, idea ormai soppiantata dalla pagina iniziale di Google o da Wikipedia. Il sito contenitore è passato nell'uso e oggi Clarence è neanche l'ombra di quella di una volta. Ma in quell'epoca, quando ancora esisteva il passaparola (oggi soppiantato dal pollaio di Facebook), era un genere di pagina ingresso molto amata dai navigatori al momento dell'apertura del browser.

Bene, su Clarence inizia ad apparire una striscia, To be or net to be appunto. Oggi si parlerebbe di webcomic, termine assolutamente vuoto di significati se non quello di comic strip pubblicata su una pagina web anziché su carta. Parla di un'azienda che opera nella net-economy. Il giornalista diligente pescherebbe nel cesto delle frasi prefabbricate il luogo comune: uno specchio dei tempi. Si ride di tutto lo scemenziario dell'angloaziendalese, scopriamo ruoli mostruosi per pompare il curriculum e i biglietti da visita, strategic planners, webwatchers e via sproloquiando. Dietro non c'è che un altro asfissiante luogo di lavoro. Oggi sembra già modernariato ma ha nobili ascendenti come Bristow o modelli perfetti come Dilbert. Su quello giocava, come un buon epigono, la striscia di Grassilli: raccontare le assurdità della vita da ufficio, appena rivista nell'era di internet. Un universo che l'autore mostra di conoscere bene. E dato che alla gente poi piace ridere delle proprie incongruenze e della alienazione quotidiana To be or net to be diventò presto un piccolo successo tra i lettori di Clarence. Insomma, una strip dallo scenario abbastanza tradizionale in realtà, giusto un po' adeguata alle nuove fisime della net-economy. Dentro però brillano diverse piccole trovate di Grassilli che al ridicolo ambaradan tecnologico aggiunge comicità attingendo dal calderone della cialtroneria tutta italiana.
Ad esempio è tutta nostrana e spassosa la figura
sciatta e irritante, riconoscibile in tutti i nostri uffici, dell'impiegato assunto per non si sa bene cosa.

To be or net to be di Roberto Grassilli


To be or net to be di Roberto Grassilli

La sede ha una astrusa e complessa struttura burocratica: mischia modernità fanfarone con gerarchie di stampo molto medievale.


To be or net to be di Roberto Grassilli

La striscia ha le sue brave imperfezioni: alternando buone idee talvolta qualche battuta è telefonata, qualche cinismo scontato, alcuni cliché sono abusati. Troviamo qualche volta incertezze anche nel disegno, per quanto abbastanza originale e formato, e nel lettering . L'impressione è quasi che Grassilli, considerandola un impegno collaterale, non abbia voluto o potuto perfezionare la serie.

To be or net to be di Roberto Grassilli


To be or net to be di Roberto Grassilli

Tutto l'archivio (anche se la navigazione è macchinosa assai), comprese le prime strisce apparse su Clarence, è disponibile in rete partendo dall'indirizzo nettobe.robertograssilli.com. Grassilli anche senza i lettori di un tempo sembra divertirsi a tenere ancora in vita la serie.

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Tom e Ponsi di Pino Creanza

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martedì, febbraio 15, 2011

 

Nirvana di Roberto Totaro

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lunedì, febbraio 14, 2011

 

Julius di Bruno Olivieri

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domenica, febbraio 13, 2011

 

35MQ di Stefano Frassetto

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sabato, febbraio 12, 2011

 

Vincenzina di Giuseppe Scapigliati

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Singloids dei Persichetti Bros

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venerdì, febbraio 11, 2011

 

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giovedì, febbraio 10, 2011

 

Wacosky Road di Stefano Tartarotti - intervista

È molto probabile che abbiate un disegno di Stefano Tartarotti in giro per la casa. Nella mia stazionava su uno scaffale questo, la copertina di un libro di Severgnini. Prima di farne conoscenza come creatore di deliziose comic strip come tanti ignoravo l'autore, appena riportato nel risvolto posteriore della sovracopertina. È un illustratore freelance con un ricco e variopinto portfolio.



È tempo di parlare della sua nuova striscia Wacosky Road arrivata già a sorpassare con leggerezza le 150 tavole. Di Tartarotti e di Singloids abbiamo già parlato in passato ai tempi della convocazione dei Persichetti qui nella nazionale di Balloons ricordando anche la sua prima e antica serie Peppe e il tostapane pubblicata su alcuni numeri di Linus e mostrando anche come viene realizzata una striscia di Singloids.

Quattro personaggi, un canovaccio di base semplice, alcuni tormentoni ricorrenti e ben congegnati, Wacosky è una striscia divertente e semplice. Non una mera derivazione (o spin off come va di moda dire) di Singloids, come vedremo tra poco, per quanto condivida alcune scelte stilistiche e certe arie
Anziché scrivere la solita recensione solipsistica abbiamo pensato questa volta di raccontare la striscia e scoprirla dialogando con l'autore. Come sempre succede l'intervista si è allargata un po'.



[Max Olla] Cominciamo parlando di questa incredibile e gioiosa iperproduttività. Singloids viaggia con cinque nuove strisce alla settimana, ci hai aggiunto Wacosky al ritmo di quattro alla settimana, ora sceso al passo di due, ma il totale porta comunque a un'invidiabile regolarità da cartoonist professionista americano. Con la non piccola differenza che da queste tavole non guadagni un euro e che disegni altro per campare. Sono insomma sette strisce alla settimana e tutte curate, mai buttate via, richiedono tempo nella preparazione, cesellate nel disegno, tutte contengono una piccola idea, spesso molto buona. Altri lamentano le crisi da foglio bianco, o fanno i piagnoni perché non trovano chi li pubblica e quindi li paga. Tu, niente, imperterrito, rispettando come un luterano i ritmi che ti sei imposto. È una tensione stupefacente. Da cosa nasce questa motivazione?


[Stefano Tartarotti] La motivazione di fondo presumo sia la mia allegra tendenza ad essere ossessivo-compulsivo. A parte questo credo che sia merito dell'organizzazione un po' tedesca che ci siamo dati per Singloids: entro il 15 del mese devono esserci almeno 20/30 strip inedite tra cui poter prendere le 22/24 del mese successivo. In questo modo si ha sempre un mese di margine per eventuali imprevisti e si ha più tempo per lasciare "frollare" le strip disegnate e poterle rileggere a mente più fredda per vedere se ci sono cose che non funzionano nel disegno o nel testo.
Il lavoro per Wacosky road è meno organizzato ma non troppo dissimile. Ho un archivio "di frollatura" da cui attingo un paio di volte al mese per programmare le strip in uscita nelle settimane successive.
Quanto alle idee, per il momento e fortunatamente non sembrano essere un problema. Tendo a scrivere molto più di quello che riesco a disegnare o che serve. Wacosky road in parte è nato proprio perché avevo quasi un centinaio di strip scritte per Singloids in attesa d'essere disegnate e altre se ne accumulavano perché ogni mese scrivevo più strip di quelle che servivano.
Il mio problema è trovare sempre il tempo e la voglia di disegnarle. È anche per questo motivo che tendo ad esagerare col copia e incolla per poterne disegnare il più possibile. In effetti forse dovrei rassegnarmi e costringermi a disegnarne meno, ma più curate. Adesso ne disegno ottanta su cento scritte, se ne disegnassi 50 avrei più probabilità di riuscire ad avere una qualità maggiore( di testo e disegno).



Abbiamo compreso l'organizzazione teutonica che sorregge la super produzione. Ma come nasce questa urgenza a scrivere (e poi disegnare) strisce? Converrai che è comunque insolita come creatività. Che cosa davvero ti muove?


Credo che 15 anni passati a fare solo illustrazioni e disegni su commissione abbiano pesato molto. Non che non mi piaccia farlo. Spesso per lavoro disegno cose interessanti e alcune volte sono contento del risultato. Però mi mancava il piacere di immaginare e disegnare in totale libertà, senza doversi preoccupare delle comprensibili aspettative grafiche e di concetto del cliente.
Poi dopo così tanti anni passati a non fare strip o vignette avevo dimenticato quanto fosse piacevole la sensazione quando scatta la scintilla, quando prende forma all'improvviso nella mente il dialogo, la strip, poi una variante, poi un seguito e ancora la successiva consequenziale. Tutto in pochi minuti (il più delle volte) e devi correre a scrivere per non perderti per strada il tono o il ritmo del dialogo. Questa è la parte che più mi piace del fare strip.


Questa è una motivazione abbastanza diffusa tra gli illustratori e i disegnatori professionisti. Ricordo ad esempio che l'autore di Panda Likes, Bevilacqua, raccontava che la voglia di disegnare quella striscia semplice anche nel meccanismo era arrivata proprio perché nel suo lavoro ufficiale non ne poteva più di rappresentare su commissione elaborati mostri e teste mozzate. Paradossalmente la forma comic strip, con i suoi schematismi e limiti di spazio, negletta dagli editori, è l'artigianato puro per un disegnatore? Quello che davvero ti permette di lavorare su idee e disegno assieme in forma semplice?

Sì, credo che la forza e il fascino della strip come forma narrativa sia proprio nel poter sintetizzare una gag o una riflessione in una sequenza autoconclusiva di poche vignette senza dover rinunciare al piacere di costruire man mano un piccolo universo di personaggi, ambienti, situazioni ricorrenti da presentare al lettore.

Da che cosa nasce il nome Wacosky road?


Volevo usare un nome geografico di fantasia. Un paesino, una valle o una strada. Ho pensato che la strada potesse comprendere il nome di una delle protagoniste. In fondo la casa di Jo è isolata e alla fine di una strada sterrata. Mi piaceva che Jo avesse un cognome polacco o simile e sarebbe stato bizzarro come titolo. Wachowski è il primo cognome che mi è venuto in mente (per i fratelli Wachowski, registi della saga Matrix). Mi piaceva. Ho cambiato qualche lettera e aggiunto road.


Wacosky road e Singloids sono notevolmente simili da un punto di vista stilistico. Un nuovo lettore ad un primo sguardo potrebbe facilmente confonderle. Quali sono le principali differenze?


All'inizio era mia intenzione differenziare Wacosky road usando uno stile un poco più tratteggiato (più simile al tratto che avevo in passato) e una colorazione molto più leggera. Un bianco e nero parzialmente colorato. Ho fatto un paio di prove, ma non mi convincevano. Il mio tratto umoristico al momento è quello di Singloids. Sapevo che comunque per inerzia sarei progressivamente ritornato a quello dopo qualche mese. Mi sarebbero servite fatica e autodisciplina per disegnare con due stili differenti. Per cui ho deciso di infischiarmene e usare il mio tratto e la mia tecnica di colorazione per entrambe le serie.

Direi che le differenze tra le due serie sono in linea di massima tre:

- Le proporzioni dei personaggi. In Singloids i protagonisti e buona parte dei secondari hanno teste enormi. I corpi sono minuscoli. Questo ha il vantaggio di renderli più buffi, ma rende molto complicato fargli compiere azioni come grattarsi la testa, tenere davanti agli occhi un binocolo, etc. In Wacosky la sproporzione delle teste è molto meno esagerata.

- La formula di base della serie. Singloids è (televisivamente parlando) un "Friends" nerd con tre protagonisti maschili e tre femminili (come nella celebre sit-com). Mentre Wacosky è fondamentalmente ispirato a "Tre cuori in affitto" e a "Quella strana ragazza che vive in fondo al viale".

- L'ambientazione. In Singloids è per lo più urbana. Wacosky è molto più bucolico. Ambientato in una grande e vecchia casa isolata, immersa nel verde e sulle sponde di un laghetto. Dopo centinaia di strip di Singloids con palazzi, tetti, strade, giardinetti... avevo voglia di disegnare colline erbose, alberi, specchi d'acqua. Un'ambientazione di sfondo meno claustrofobica.



Anche qui un parallelo curioso, pure Stefano Frassetto, autore di Ippo.it e di un'altra infinità di strisce, confessava come te che le sit-com e i serial televisivi sono una gran fonte di ispirazione per i canovacci umoristici. Sta nascendo una nuova generazione di cartoonist allevati dalla TV seriale?


Trovo che come il fumetto tradizionale sia fortemente influenzato dal cinema (e nell'ultimo decennio anche viceversa), allo stesso modo le comic-strip abbiano molto in comune con le sit-com. Ad esempio la brevità delle gag, la cura maniacale dei dialoghi, dei ritmi, i pochi personaggi, l'attenzione nel cercare di far affezionare lo spettatore ai protagonisti. Personalmente ho sempre visto le sit-com come una forma recitata di comic strip. Penso che la visione di buone sit-com come "Friends", "Boston legal", "Frasier", "The big bang theory" siano una scuola perfetta per imparare a scrivere comic strip.



C'è un'altra differenza fondamentale tra Singloids e Wacosky. Quest'ultima è partita come una "continuity strip", c'è una storia per quanto scombiccherata, stralunata e surreale, che va avanti a strappi da una tavola all'altra. Una soluzione abbastanza insolita nel mondo delle comic strip. La tua tecnica narrativa mi sembra davvero buona perché poi ogni singola striscia funziona bene da sola, ha una sua gag e non c'è una necessità di ricordare tutto, cosa affatto facile. Detto questo, come mai la scelta di una continuity strip? hai già un filo di trama in testa? C'è una fine o la serie potrà divagare in eterno reggendosi sulla forza dei personaggi e delle situazioni?


Sì, mi piacciono le serie di strip che pur usando strip autoconclusive, sanno raccontare anche delle microstorie o sviluppi di una situazione lungo varie strip. Come in "Bloom county" o ancora meglio in "Doonesbury" dove vari eventi comici vengono raccontati attraverso lunghe serie di strip, dando la percezione di seguire una specie di storia. In Singloids queste microstorie da 8/10 strip ci sono, ma sono mescolate a molte strip singole. Essendo scritto a sei mani sarebbe stato complesso cercare di seguire una sorta di storia di fondo. Per cui abbiamo adottato (più o meno coscientemente) la stessa formula dei Peanuts: strip singole mescolate a brevi storie su strip multiple. Con Wacosky road volevo provare a dare un maggior senso di continuità tra un gruppo di strip e un altro e così ho tentato di fare per il primo centinaio di strip, poi invece per mancanza di tempo mi sono un po' perso e ho cominciato a disegnare anche per Wacosky quasi solo strip singole. Spero di poter riprendere al più presto l'indirizzo iniziale.


Wacosky è un curioso frullato di comicità surreale, satira molto concreta alla Doonesbury con tanto di nomi e cognomi, gag classiche da comic strip ambientata in famiglia e follia sociale. Immagino ci sia dietro una gran voglia di ridere in libertà e in fondo tutto va bene quando lo stile riesce a mantenersi omogeneo. Ma ad esempio, quel grosso coniglio parlante da dove salta fuori? Le prime volte mi ha evocato quello grande e terribile di Donnie Darko. E invece?

Vero. Anche se come serie è nata su un'idea di atmosfera generale che avevo in mente, rimane comunque una specie di mio parco giochi personale in cui poi sono confluite anche molte strip che avevo scritto per Singloids ma che erano inadatte o su cui eravamo in disaccordo. Per cui Wacosky è effettivamente un frullato di stili.
Quanto al coniglio, mi piaceva inserire anche un personaggio antropomorfo un poco insensato. Una specie di Marvin (l'androide depresso e paranoico della guida galattica per gli autostoppisti). Per Singloids avevo disegnato Sid che indossava un enorme costume da coniglio. Mi era sembrato molto buffo. Per cui ho pensato fosse perfetto un coniglio gigante un po' depresso, molto caustico e opportunista che vaga per casa.

Ci sono quindi strisce sulle quali voi Persichetti siete in disaccordo? Interessante. E su che strisce litigate? Passiamo allora alle domande un po' cattivelle. Dopo il lontano esordio, fresco di diploma a pieni voti della Scuola del fumetto di Milano, addirittura su Linus nel 1995 con la serie "Peppe e il tostapane", il tuo ritorno alle strisce qualche anno fa con Singloids avviene condividendo l'ideazione (non il disegno) con due amici coautori. Come mai con Wacosky ritorni a ideare le strip da solo? Direi che te la cavi benissimo. Oppure possiamo fare la domanda inversa, perché realizzare Singloids con loro? Diciamo la verità, ti sei stufato. Te li avevano affidati i servizi sociali di Milano per far loro svolgere un po' di attività (ri)creativa ma ora la tua opera di bene l'hai fatta. Non darmi una risposta diplomatica, tipo i calciatori quando a fine partita dicono che l'importante è che la squadra abbia vinto.


Mah... è capitato sopratutto il primo anno che alcune delle strip scritte da uno o dall'altro degli autori non convincessero gli altri due del trio. O perché ritenute deboli o poco comprensibili o troppo politiche. Motivo per cui venivano spostate in un documento "sgabuzzino". Per quanto riguarda quelle di satira politica ad esempio, io amo "Bloom county" e "Doonesbury". Per cui mi piaceva che ci fosse anche satira politica ogni tanto in Singloids. I miei due soci invece non erano della stessa idea. O quanto meno preferivano che la satira fosse più generica. Per cui visto che comunque io tendo a scrivere più strip di quante ne servono, non ho avuto grandi problemi a congelarle. D'altra parte scrivere con altre persone non è affatto facile a prescindere. Soprattutto scrivere collettivamente qualcosa di autoriale come le comic strip, dove è già molto raro che chi scrive e chi disegna non siano la stessa persona. Figurarsi se poi a scrivere si è in tre. Come in una squattrinata rock band agli esordi, c'è la fase di entusiasmo iniziale in cui si è tutti disponibili e accomodanti, poi la fase degli scazzi, delle piccole ruggini, poi ci si rappacifica, poi nascono altri attriti, poi uno scompare, poi riappare, etc.
Quanto al perché ho ricominciato a fare strip con altri, è perché Ted una sera ha proposto di fare una webcomic. Io non sapevo neppure che esistessero e negli ultimi anni non avevo più disegnato strip perché non volevo che finissero a morire in un cassetto di casa mia o nel cestino di varie redazioni. Poi ho visto le web comic in rete e mi è sembrata una cosa divertente da fare.
Per cui, sì, scrivere con altri ogni tanto è parecchio faticoso. Soprattutto per uno come me che è abituato a lavorare da solo ed è geneticamente ostile al lavoro di squadra. Ma c'è il vantaggio di avere poi una strip molto più variegata, meno ripetitiva. Si è più portati a non lasciarsi prendere dalla pigrizia e rimanere costanti nelle uscite quotidiane. Si ha qualcuno a cui chiedere aiuto se c'è da fare qualcosa. Si hanno più opportunità di conoscere indirettamente persone con competenze specifiche che si offrono di aiutarti. Ad esempio da alcuni mesi abbiamo una traduttrice esperta e molto brava che fa da editor per i testi, un altro aiuta con i testi in inglese, un altro ancora madrelingua francese sta traducendo Singloids in francese.



Parliamo un po' del disegno. Uno delle caratteristiche che più mi gusto è la minuzia nei dettagli. Se si apre un frigo in Singloids nel portauova ci sono sei uova tutte ben disegnate e se stiamo attenti possiamo individuare anche la marca del burro e del latte, se saliamo sui tetti c'è un'antenna che sicuramente corrisponde a un modello esistente nel mercato. La precisione nei riferimenti alla realtà è divertente anche negli edifici, negli arredi. So che potresti commettere reati contro la persona quando ti parlano di disegno precisino. Qualcuno parla di stile freddo ma non sono d'accordo. Allo stesso tempo tutta la miniaturizzazione è ben stemperata in uno scenario da comic strip di scuola Schulz. E i personaggi sono disegnati in quello che gli studiosi del genere chiamano "The big-foot method", uno stile tipico, non realistico, delle strisce umoristiche dove piedi, nasi, teste sono esagerati e comunque non realistici e descrittivi in termini anatomici. Detto questo, non ti mancano le "smatitate", gli sfreghi più in libertà dei tuoi primi tempi quando disegnavi Peppe e il tostapane?


Se mi manca il tratto di Peppe e Tosto (che poi era anche quello delle illustrazioni più fumettose che facevo)? Direi proprio di no. Era molto sottile, spezzettato con del tratteggio altrettanto sottile. Un vero incubo quando poi si riduceva per la stampa, o diventava quasi illeggibile oppure, se lo rinforzavano in stampa, il tratto di contorno era più leggibile ma il tratteggio ingrossato si impastava.
Ora per il comico ho questo segno più rozzo e stilizzato, pochissimo tratteggio, al massimo dei neri pieni. Non credo tornerei indietro. Quanto ai dettagli temo sia un'eredità dell'aver fatto negli ultimi anni soprattutto l'illustratore. Ti viene da aggiungere la pianta, il pezzo di quadro o di palazzo dove un fumettaro puro probabilmente lascerebbe il bianco. Poi da illustratore tendi a disegnare e inchiostrare avendo già in mente in linea di massima come colorerai la striscia. Per quanto schematico, il colore di Singloids e Wacosky ha sempre colore pieno, colpo di luce e parte in ombra per ogni personaggio o oggetto in primo piano. Questo gli dà più tridimensionalità ma accentua ancora di più l'effetto "ciao sono fastidiosamente perfettino". Infatti se vedi solo il bianco e nero del tratto è molto pulito e scarno. Lavoro con le vignette grandi sullo schermo, con tratto grossolano, un po' sporco e buttato lì. Poi riducendo a base 800 pixel diventa tutto perfettino.
Poi non so, come ti dicevo, quando disegno per mio divertimento, non mi pongo grandi domande. Dopo un po' di tempo smetti di pensare "mi dovrei fermare", oppure "dovrei aggiungere qualche dettaglio", disegni la scena finche non senti scattare una specie di contattore mentale, e passi alla vignetta o strip successiva fino al seguente "tlak". Stessa cosa per il colore.

[NdR prima di farvi eventualmente impazzire con ricerche su Google, al momento del montaggio dell'intervista l'abbiamo chiesto al Tartarotti: "tlak" è il suono del contattore che scatta]



Passiamo a un tema scabroso, tra i preferiti e frequenti in Singloids e ritrovato puntuale in Wacosky. Il rapporto con le donne. La guerra dei sessi è roba da elmetto nelle tue strisce. Sono descritte come aggressive, disinvolte, imbarazzanti, spesso sovrastanti il maschio ma anche come fragili, imbarazzate, vittimiste. I dialoghi sono sempre carichi di sarcasmo, l'incomunicabilità sembra la regola. Tutto molto pessimista, molto cinico (manca anche il compatimento di cui godeva Charlie Brown) e anche tanto divertente. L'argomento ovviamente è molto popolare e amato, sembra piacerti molto ricamarci ironia sopra. Ma Singloids e ora Wacosky non sono comunque un punto di vista maschile sul conflitto?


Sicuramente il fatto che i tre autori siano tre uomini sposta parecchio il punto di vista sulle vicende sentimentali dalla parte maschile. Poi è inevitabile che ci siano state delle gag o delle strip nate da situazioni reali: da due di picche dati o incassati, da difficoltà di comunicazione, etc.
Per parte mia, per compensare, cerco di scrivere anche della fatica e delle difficoltà sull'altro fronte, attingendo da racconti o ricordi di amiche.
Va anche detto però che molte delle gag e delle dinamiche sono fortemente influenzate dalle caratteristiche specifiche dei personaggi. Sia in Singloids che in Wacosky i personaggi sono molto diversi tra loro: c'è il personaggio bellicoso ma allo stesso tempo fragile e un po' solo, quello eccentrico, quello più sgamato, quello con la sindrome del principe/principessa azzurro/a, quello con dipinto un bersaglio sul cuore, etc.
Per quanto mi riguarda, raramente mi ritrovo a pensare a gag sul rapporto tra i sessi in generale per poi cercare di inserirle nella serie (beh a eccezione di quando icoso trasmette nello spazio i suoi rapporti sugli umani, in quanto monologo di un osservatore). Il più delle volte invece immagino semplicemente una variabile un po' buffa da inserire nel contesto. Poi le reazioni e i possibili sviluppi degli eventi/gag nascono a cascata, fortemente influenzati dalle caratteristiche dei personaggi maschili e femminili coinvolti.




Chiudiamo con un'ultima domanda sul futuro di Wacosky. Fa molto malinconia finale tipo "chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo". Ma prima devo darti un paio di notizie brutte. Accennavi poco fa che il tuo ritorno è nato dalla proposta di mettere su una web comic. Non esistono le web comic, ti hanno imbrogliato. Non esiste la categoria, nel senso che una web comic non ha alcun particolare distintivo nel genere se non quello di essere una comic strip pubblicata su Internet anziché su carta come dovrebbe. Dalle web comic non si guadagna un euro, né hanno grande pubblico. E il sogno di tutti è trovare un editore vero. Passiamo al resto del notiziario pessimistico. Tu sai come la penso, le comic strip sono un fumetto particolare, nate prima di tutti gli altri fumetti, prima ancora che si chiamassero fumetto (erano disegni sui giornali, appena sono stati chiamati fumetti è cominciata l'emarginazione). Non sono nate per stare da sole. Sono una forma di intrattenimento giornalistico, formula che può essere intesa in senso ampio oggi, cioè andare su qualunque dei media, la carta tradizionale della stampa ma anche altre forme di comunicazione più attuali (ad esempio so che pubblicate Singloids come applicazione per ipad). La stampa è in crisi e per quanto una strip possa essere magnifica tutti i giornali non stanno investendo più su supplementi di svago. Dirottano tutte le risorse sui nuovi media. Questi però stentano ancora ad affermarsi, specie in Italia. Il grande pubblico è ancora poco abituato a leggere sugli schermi. Gli album raccolta sono carini, ma è roba per gli appassionati, quando arrivano a qualche migliaio di copie si stappa lo champagne. Un cartoonist americano, o anche con qualche ambizione, non ne farebbe un obbiettivo principale. Delineato questo quadretto, detto anche che le strisce sono una piccola splendida arte, riconosciuto che nascono ancora talenti, idee e soggetti nel genere, la domanda è: che farne di Wacosky e di Singloids? Oppure se vuoi, la domanda più cattiva e generale: che farne di una comic strip oggi?


La risposta alla tua domanda è "tappezzeria".
Sulle web comic sono perfettamente d'accordo con te. Non sono certo il rutilante fenomeno mediatico, che grazie alle ciclopiche potenzialità del "ueb" dona in poco tempo valanghe di denaro, successo, fama e groupie disinibite e urlanti. Intendevo proprio che non sapevo che della gente pubblicasse gratis e periodicamente le proprie strisce su dei blog seguiti da piccoli gruppi di appassionati di fumetti.
In quel senso per me sono stati una scoperta i blogcomics. Una volta disegnate le strip, non dovevo iniziare il calvario del giro delle redazioni e degli editori, per ricevere una sfilza di "non ci interessa", "è BBBBrutto", "Bello, ma non si vende" ed un unico "Ok lo pubblichiamo, ma va rifatto in bianco e nero, sostituito il coniglio con un ortodontista con quattro braccia e ti pagheremo in salatini".
Almeno sul "ueb" posso scrivere e disegnare liberamente, pubblicare a colori nelle forme e formati che preferisco e ho un minuto gruppo di disturbati come me che legge le mie strip quotidianamente. Certo non c'è danaro a fiumi o il successo. Ma qualche pacca sulla spalla e qualche biscotto ogni tanto si portano a casa. Per un cinico, pelato, pessimista come me è sempre meglio che niente.
Peccato per le groupie disinibite, ma me ne farò una ragione.


[Tutte le strisce di Wacosky Road sul sito ufficiale in ordine di uscita]

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