sabato, dicembre 31, 2016

 

Singloids dei Persichetti Bros


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venerdì, dicembre 30, 2016

 

Le Crociate di Enzo Scarton

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domenica, dicembre 25, 2016

 

35mq di Stefano Frassetto

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sabato, dicembre 24, 2016

 

Singloids dei Persichetti Bros


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venerdì, dicembre 23, 2016

 

Le Crociate di Enzo Scarton

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mercoledì, dicembre 21, 2016

 

Dieci anni di Balloons - Il tempo di Stefano Tartarotti

È il tempo di Stefano Tartarotti, autore in collaborazione con  altri due Persichetti  di Singloidsstriscia tutt’ora diffusa su Balloons ogni settimana. L’occasione è buona per scambiare due chiacchiere anche sulla raccolta di Caro diario appena pubblicata. 
Il tempo di Stefano Tartarotti

Stefano, ho questa impressione: più passa il tempo e più mi sembra che riesci a manipolarlo con velocità. Mi riferisco al mondo del fumetto e dell’illustrazione, poi non so quanto ci metti dal letto al frigorifero quando ti alzi. Hai due serie di strisce aperte, Singloids e  Wacosky road. Quest’ultima è ferma, vero.  Però ora hai la serie “Caro Diario”, appena pubblicata su carta in una raccolta ufficiale con tutti i sacri crismi, dopo essere apparsa con buon ritmo sulle pagine del Post. Ogni tanto dici la tua con qualche vignetta. In più, dato che le tavole di fumetti non ti pagano i biscotti e nemmeno la benzina della moto, immagino che il grosso del tuo tempo sia occupato dal lavoro di illustrazione professionale per l’editoria. Per di più da quel che racconti trascorri serate e nottate nei giochi di ruolo e scappi appena puoi nell’amata casetta in montagna (salto la parte dei giochi aeronautici al computer). Nessuna tavola è mai buttata via con sciatteria, dove sta il trucco per essere così iperproduttivi?


Anche Singloids, purtroppo, è perlopiù ferma da alcuni mesi. Le storielle di Caro Diario e le vignette, fatte sempre con quello stile, mi portano via la maggior parte del tempo libero.
I fumetti un poco contribuiscono. Va anche detto che, fondamentalmente per pigrizia imprenditoriale, io non sono uno che si sbatte molto a cercare di pubblicarli anche da altre parte. Magari potrebbero contribuire maggiormente. Campo per un insieme di cose differenti tra loro: illustrazione, fumetti e royalties varie per illustrazioni, modelli 3d e libri per bambini fatti per l’estero. Poi non ho una famiglia da mantenere e quindi campo con poco. 
In ogni caso credo che sia presto per il canto del cigno del fumetto umoristico professionale. Zerocalcare ha un successo senza precedenti, A Lucca Il padiglione della Shockdom era letteralmente preso d’assalto dai lettori, con code che uscivano fin in piazza. Mi pare che diversi autori riscuotano un certo successo. In testa a tutti Sio, poi Ortolani, Labbadessa, Cuello, Maicol & Mirco, Natangelo, Makkox, Tuono Pettinato e questi sono solo quelli che vengono in mente così, su due piedi. Credo che negli anni sia cambiato il formato di divulgazione. Ormai il cartaceo arriva soprattutto dopo l’affermazione sui social.


Rimanendo ancora per un momento sull'argomento tempo, giusto per capire: una tavola di Singloids stile domenicale come quella sopra quanto tempo prende? E una storiella lunga di "Caro Diario"? So che lavori con la tavoletta grafica ma l'ideazione non credo avvenga direttamente sul tablet quando inizi a poggiare la penna sopra. Scarabocchi ancora a a mano prima? Prendi appunti per i testi e li covi per un po'?


Per disegnare e finire la tavola di Singloids sopra devo aver impiegato due o tre ore. Con quelle di Caro Diario, dipende dal numero di vignette per pagina. Comunque, tra il fatto che sono generalmente molto semplici (personaggi che parlano su sfondi più o meno vuoti ) e che mi sto velocizzando, circa un giorno per due-tre pagine. 
Questo per quanto riguarda il disegno. Il testo è più variabile. 
A volte lo scrivo di getto tutto in una mezz'ora. Altre volte invece medito e annoto, in tempi diversi, le gag su uno specifico argomento, poi, anche dopo mesi, compongo il tutto e riempio eventuali vuoti.
Faccio tutto in digitale: matita, china e colore (o monocolore). Ormai raramente disegno su carta e, quelle poche volte, con risultati parecchio discutibili.



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[Se volete curiosare sulla costruzione di una tavola di Singloids suggeriamo una passeggiata su questo link, contiene anche un filmatino accelerato:
Come nasce una striscia di Singloids

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Ti devo dare una notizia non buonissima, c'è gente che tira giù una striscia in meno di venti minuti. Comunque la tua cura per il disegno (per non parlare dell'aspetto narrativo, anzi tra poco ne parleremo), scherzi a parte, rivela una passione instancabile e notevolissima. 
Parliamo di "Caro Diario" pubblicato da Comicout come raccolta con titolo "L'Italia spiegata agli alieni". Sono un fan sfegatato della serie dalle prime uscite sul Post. Innanzitutto, come stanno andando distribuzione e vendite? Io sono rimasto ai tempi della ultima crisi del fumetto quando a duemila o tremila copie già si aprivano le bottiglie di spumante, del discount ovviamente.
  

Sì. In effetti per la tavola di Singloids ho forse impiegato un'ora-due. Non ci ho fatto molto caso. Comunque è vero, non sono esattamente lo Speedy Gonzales dei disegnatori.
Per quanto riguarda le vendite del libro, da quello che mi dicono serve del tempo per avere dati certi, per via dei resi, ritorni che arrivano dopo parecchio tempo… robe così. Mi sembrava complicato e ho smesso subito d'ascoltare, iniziando a giocare col cavo del microonde mentre emettevo falsi mugugni di comprensione. Mi hanno detto che alcune librerie hanno fatto dei riordini, quindi lascia sperare che ci siano state delle vendite. Ma parliamo comunque di una tiratura molto modesta. Come dicevo prima, le vendite grosse, secondo me, le fai se hai un minimo di diverse decine di migliaia di follower sui social, qualche centinaio di migliaia magari. Come appunto Zerocalcare, Ortolani o Sio. Mi par d'aver capito che Zerocalcare venda diverse centinaia di migliaia di copie.
Io sono praticamente uno sconosciuto. Va bene così. Ho il primo libro completamente mio (scritto e disegnato), a colori, 190 pagine, venuto bene e vari lettori che mi seguono lo stanno prendendo. Son contento così.


Ah, ecco, Zerocalcare, mi sta bene che lo citi una seconda volta, perché volevo partire da lui per parlare della struttura narrativa di Caro Diario. 
Ci sono delle analogie incredibili. O meglio:  per come la vedo sei la sua nemesi milanese. Le analogie della struttura narrativa sono notevoli: stesso mix esilarante di spunti autobiografici e ironia feroce contro se stessi  fino all'autodistruzione, fustigazione e macerazione. Forse tu qualche spruzzata in più di politica e lui di sociale. Stesso gusto disinvolto per le digressioni e divagazioni a ogni piè sospinto e stessi tempi e ritmi narrativi. 
Intendiamoci, il protagonista sfigato è un topos che non avete inventato né tu né Zero, è un filone con nobili ascendenti da Paperino a Charlie Brown per arrivare al gran successo editoriale del Diario della Schiappa di Jeff Kinney (se vogliamo un esempio recente in  TV, PIF con la serie La mafia uccide solo d'estate). Ognuno ha capito la formula empatica:  l'antieroe è un sollievo e uno spasso per il lettore in un mondo dove tutti se la tirano per sembrare di più. Poi arriva anche l'antitesi: la contrapposizione tra il suo tratto un po' sporco e disordinato, con quadretti spesso storti, stile caciarone e poetico e  invece il tuo disegno pulito, lineare, chiaro e ordinato (che a me fa ridere tantissimo proprio perché abbinato alle cazzatone che racconti). Lo so, rischio di cadere nel trito cliché geografico, ma anche questa differenza di stile grafico è rivelatrice dell'imprinting ambientale. Io la vedo così, salto allegramente da uno all'altro e siete tra i fumetti più divertenti che ora leggo sui libri e sul web (anche se in realtà spesso Zero è tragico e cupo per pagine e pagine). Però ora vorrei che mi raccontassi tu la vena narrativa di Caro Diario, com'è nata, quali fonti di ispirazione. L'idea che mi son fatto è che tu ti diverta tantissimo a scriverla e disegnarla.


Mi piacerebbe un sacco essere il cugino altoatesino di Zerocalcare. La realtà è che mi conoscono in dodici, di cui sei sono amici. Tempo fa ho chiamato mio fratello e ho esordito dicendo "Ciao, sono Stefano". Lui perplesso mi ha risposto "Chi?" e non stava scherzando.
Ti dirò, mi sorprende quello che mi dici sul tratto. Pensavo che rispetto al tratto più marcato ma preciso di Zerocalcare, il mio fosse molto più trasandato: piatto, il segno incerto e ondulante, mai una riga dritta, anatomia vaga e personaggi gommosi che cambiano aspetto tra una vignetta e l'altra.
Sullo stile non saprei. Mi sono sempre piaciute le storie con vignette mescolate a testi fitti. Fin da quando lessi Disegni e Caviglia e il tono scanzonato e un po' dissacrante di Bloom County. Credo mi abbiano influenzato parecchio. Era il genere di cose che mi piaceva disegnare per il giornale della Fiom. Parlo di eoni fa, quando avevo vent'anni.
Poi due anni fa, disegnandole come storielle autobiografiche, un po' documentario alla Quark, un po' cazzeggio, solo per il mio blog personale, ho ripreso automaticamente la vecchia formula di racconto illustrato con vignette.
Però capisco che la formula narrativa sia simile a quella di Zerocalcare.
Ma temo che, purtroppo per me, la differenza d'età si senta parecchio. Ho letto la sua storia sui Cavalieri dello Zodiaco e mi sono divertito molto. Ma io non li ho mai visti, li conoscevo solo per averne sentito parlare da amici più giovani. Quando ero bambino/ ragazzino trasmettevano altri cartoni animati giapponesi.
Trovo che l'autoironia aiuti. Se racconti qualcosa prendendo allo stesso tempo in giro te stesso è più semplice non risultare troppo arrogante (e non sempre ci riesco). 
Spesso, soprattutto nel caso di satira politica e sociale, non sempre traspare il tono e può capitare che alcuni lettori la interpretino come eccessivamente aspra o caustica, quando magari le mie intenzioni erano molto più scanzonate. Mi sembra che usare il proprio personaggio perculandolo di continuo, aiuti un poco a smussare l'irritante effetto "ora salgo su una cassetta della frutta e vi racconto la Verità". Quando, almeno il più delle volte, non c'è nessuna verità assoluta. Semplicemente ciascuno racconta la sua percezione della realtà. 
Ma magari, invece, buttarla pesantemente sull'autobiografico non funziona affatto e trapela di più lo stronzo che è in me. Non saprei. 


l'autofustigazione





Lo spunto per questa conversazione, come sai, è il tempo, quello che è trascorso. Proviamo allora a fare un bilancio, a rilevare quel che è cambiato. Cominciamo con la tua attività di illustratore professionale e poi saltando la frutta arriviamo al dolce, quella di fumettista. Che è successo in questi anni?


Ok, questa è la parte della conversazione in cui posso attaccare con una meticolosa descrizione della mia funzionalità gastrointestinale. Come quando incroci qualcuno che conosci a malapena e per aver commesso l'errore di salutarlo con un "come sta?" al posto del solito "buongiorno", quello t'inchioda con 45 minuti di storia clinica della sua vescica anale (foto comprese). Interessante, eh. Ma tu stavi per andare a mangiare sushi con gli amici. 
Non so. Non ho ricordi nitidi di quest'ultimo decennio. Faccio più fumetti di prima. Ci si guadagna poco, ma perlomeno mi diverto e ho la vaga (e probabilmente falsa) sensazione di lasciare un piccolo e insulso segno del mio passaggio, e tutto questo è, per certi versi, piacevole.



Bene, vediamo se riesco ad attenuarti il mal di pancia melanconico con un'altra domanda più tradizionale: Di che fumetti ti nutri con piacere di questi tempi? Quali le comic strip recenti meritevoli di una menzione o raccomandazione?


Io sono un pessimo esempio. Sono pigro e leggo poche strip.
Seguo qualcosa sui social. Leggo sempre molto volentieri i post di Frassetto e Deco. Ogni tanto vado a dare un'occhiata a cosa ha postato Natangelo: l'ho scoperto da poco e mi piace. Anche se è da considerare più un autore satirico che uno stripparolo.
Di non-strip ultimamente ho letto un paio di libri di Zerocalcare, tra cui l'ultimo "Kobane calling", "Il buio in sala" di Ortolani, l'ultimo di Gipi (che mi è piaciuto molto). Belli anche i due libri di Scapigliati sul bradipo. Ho preso anche "Jones e altri sogni" di Matticchio, ma è in coda da leggere appena dopo un paio di libri a fumetti di Hugault.


Giusto qualche domanda finale sulle tue comic strip. Comincia un po' a mancarmi (e credo anche ai tuoi 25 lettori di manzoniana memoria) Singloids, e pure Wacowsky. La vena chiacchierona e divagante di "Caro Diario" significa la fine della tua attività di stripparolo? Sarebbe un peccato, quelle strip sono dei gioiellini per gli appassionati del genere. 
Cinque anni fa in occasione di un'intervista per presentare la serie Wacowsky ti chiesi che fare di una comic strip. La tua risposta fu "Tappezzeria". Intervistare un pessimista cronico dotato di umorismo e feroce autoironia è dura. Ti prego: non darmi la stessa risposta.


Sinceramente, non lo so. Mi rendo conto che sto dando questa risposta a due domande su tre, ma considera che ho ben tre magliette con sopra scritto “non saprei” (e non sto scherzando) che metto nei duecento giorni dubitativi dell’anno. 
Per mia tara mentale faccio fatica a concepire una comicstrip che non mantenga una certa regolarità. Nel mio mondo ideale ogni giorno feriale dovrebbe uscire una strip di Singloids e Wacosky. Due volte alla settimana era ancora accettabile. Una volta sola: riprovevole. Un paio di strip al mese come è accaduto a Singloids nel 2015/2016 lo trovavo molto, molto, molto triste. Una brutta agonia per una strip.
Così, per il momento, sono congelate, ma con l’archivio disponibile alla lettura (e sono migliaia). È la parte bella di internet. Le strip poco famose ora non muoiono più in un cassetto dello studio avvolte in uno di quegli elasticoni a tagliatella. Sono online nell’archivio del blog e ogni tanto qualcuno va a leggersene un centinaio.
Io spero prima o poi di poter riprendere a postarne di nuove e regolarmente. Mi mancano entrambe.
Che fare di una comic strip? La si mette online. Qualcuno te vuole pubblicare su carta? La si pubblica. Tu sei stancato o hai poco tempo? Ti pigli una pausa. Ti torna la voglia di disegnarne un altro centinaio? Le disegni facendo finta di non avere mai smesso. Le strip si fanno per divertirsi, ringraziare chi ti segue e, a volte, per rincuorare se stessi. Si fottano le mode e le tendenze.
Ok, ma ora c’è troppo incurante ottimismo nell’aria. Permettimi di spegnerlo citando ciò che spesso mi ripeteva la mia gatta: “L’entusiasmo è l’oppio dei popoli". 

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domenica, dicembre 18, 2016

 

35mq di Stefano Frassetto

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sabato, dicembre 17, 2016

 

Singloids dei Persichetti Bros


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venerdì, dicembre 16, 2016

 

Kosmo di Enzo Scarton

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lunedì, dicembre 12, 2016

 

10 anni di Balloons - Il tempo di Andrea Grillenzoni

Tra i collaboratori passati sulle pagine di Balloons, Andrea Grillenzoni  (alias Grillo) è uno dei più folli, bizzarri e arguti. Forse uno strisciarolo mancato per pigrizia e poca applicazione, con un discreto talento per i testi giocosi e surreali. È un conoscitore titolato del mondo delle comic strip, alle quali ha dedicato una dottissima e corposa tesi di laurea.  È un piacere cogliere l’occasione del Decennale di Balloons per condividere una conversazione con lui. 

Il tempo di Andrea Grillenzoni

Ti dispiace se non ti chiamo Grillo durante la piccola conversazione? Lo so che il tuo diminutivo nel mondo del  fumetto nacque ben prima del Grillo politico, allora nessuno se lo filava e Cinque Stelle era una TV sgrausa. Ma lo sappiamo tu, io e pochi altri intimi.


D'accordo. Da un po' di tempo ho cominciato a firmarmi "Grillo quello non famoso" o "Grillo ma un altro tizio". Più che un soprannome è diventato una circonlocuzione.





Dieci anni di Balloons. Ma sono anche dieci anni dalla tua laurea nel 2006 in Scienze delle comunicazioni con una tesi in semiotica dal titolo "Semiosi a strisce: analisi delle comic strips" . Mica capperi, l’ho letta alcuni anni fa. Tra analisi raffinate e ardite esplorazioni, nelle righe accademiche c’era una dichiarazione d’amore pazzesca per il mondo delle strisce di fumetti. Che punto di partenza era per te quella tesi?


Un punto di partenza che mi ha portato lontano, tipo, dieci metri. Diciamo che era forse più un punto di arrivo o un punto e basta. Sapevo che non sarebbe stato un trampolino verso qualcosa, professionalmente parlando, ma solo un lavoro su un tema a me caro, a mio uso e consumo. La semiotica del testo mi aveva affascinato, lungo il percorso accademico, quindi ho provato ad abbinarla a un argomento che mi piace da sempre, il fumetto, in particolar modo nella sua declinazione a striscia umoristica. Quando il professore che sarebbe divenuto il mio relatore di tesi non ha opposto alcun dubbio, ho pensato avesse perso una scommessa.


Direi coraggioso, considerato che il pregiudizio nei confronti del fumetto è semantico. Comunque, solo la parola evoca l’idea di una cultura per eterni bambini. Il lavoro di quella tua tesi è molto sofisticato, ma davvero non ci fu nessun inarcamento di sopracciglia all'Università La Sapienza? Aggiungo: ti sembra in generale che la percezione nei confronti del fumetto e delle comic strip sia cambiata in questi anni?  
  

Ricordo che chiesi la tesi, quella tesi, al docente di Semiotica con la stessa fiducia con cui chiederesti un paio di jeans a una cernia. Il professore fu invece molto disponibile, pur facendomi presente che di materiale cui attingere non ce ne fosse molto, carenza che rendeva quel lavoro, di fatto, una tesi sperimentale. Ci sono studi semiotici a riguardo (Umberto Eco su tutti) ma che si concentrano prettamente sul fumetto tout court: quello specifico a strisce è rimasto un po' negletto. Comunque, come base di partenza, sono poi riuscito a recuperare contributi molto validi, collaborazione e appoggio dal mio relatore e neanche una pernacchia dalla commissione. 
Il pregiudizio di cui parli c'è e forse, giusto per buttarla impropriamente in linguistica, quel significato pregiudizievole si stringe pure a un significante macchiettistico, "fumetto", con quel suffisso diminutivo da Club dei Perdenti Ma Bravi Lo Stesso.
Cinema!, senti come è più aulico; probabilmente se dicessi che sono un esperto di "cinemetto" mi guadagnerei qualche occhiata di compassione e un paio di schiaffi indignati. Vedo nell'irrompere del termine "graphic novel", contro cui non ho niente ma che più che indicare un sottogenere di fumetto pare quasi voglia usurparne l'intera onomastica, un tentativo di ripulirsi e di presentarsi più adulti con nomi nuovi (ricordo che Gipi, in un'intervista a riguardo, rivendicò invece con orgoglio il fatto di realizzare "fumetti"). Ma penso che, per tornare alla tua domanda, questo tipo di fumetto stia riuscendo a presentarsi (giustamente) come qualcosa di altro da gioviale intrattenimento per gli infanti, forse anche perché alcuni di quegli infanti stanno crescendo senza smettere di leggere fumetti. Per le comic strip il discorso vale meno, in Italia hanno sempre avuto difficoltosa collocazione, scontrandosi con la tradizione peraltro nobilissima della vignetta satirica sui quotidiani, al contrario degli Stati Uniti. Tranne isolate eccezioni, scarsa presenza, quindi scarsa dimestichezza, quindi scarsa reputazione. Dubito che Doonesbury avrebbe mai potuto vincere l'equivalente di un Pulitzer da noi.


Non ci hai ancora raccontato che hai poi combinato in questi anni dopo quella laurea fumettistica. Immagino che quel mondo al quale hai dedicato tanta scienza, come un’amante ingrata, non ti abbia ricambiato. Disegni, scrivi, studi ancora? Di te abbiamo tracce su Facebook con la pagina Gattini Assassini Sudati dove ti diverti molto a fustigare webeti e analfabeti funzionali che pascolano sulle pagine di Zuckerberg.



Buongiornissimo! Prima di bere il mio KAFFEEE vorrei sapere CHI TI PACA”. 
Dopo la laurea ho fatto un po' di lavori tra cui il ninja, il cravattaro e la diagonale. Al momento lavoro per un'agenzia di concerti per la quale seguo i social network, faccio un po' di grafica e comunicazione e ogni tanto riesco a infilarci dentro un pizzico di fumetto (tipo nel 2015 nel Lucca Summer Festival ). E mi vedo un casino di concerti. AGGRATIS perché sono un POTERE FORTE, LA CASTA DI ME STESSO.
Ogni tanto disegno ancora, sempre malissimo, per coerenza. Sulla pagina che citi ho pubblicato roba d'archivio, materiale dell'Università, del liceo, delle medie, poi restavano le fototessera, due lastre e l'ecografia quindi ho dovuto riprendere a fare qualcosa di nuovo, di tanto in tanto, sempre guidato dalla forza che più di tutte ha contraddistinto la mia esistenza, la pigrizia. Sono riuscito a sviluppare questa formula: disegno minimo e una scritta, basta. Ma questo una volta alla settimana. Gli altri giorni solo la scritta.



Ecco, parliamo un momento del disegno, e veniamo a domande più cattive. Hai una scrittura effervescente, spesso piena di giochi e nonsense, hai idee, ti piacciono i fumetti e in particolare le strisce, perché non migliorare il disegno? Mai pensato di fare un po’ di apprendistato, magari anche un po’ da autodidatta? Magari giusto per arrivare a un disegno minimalista tipo Dilbert o Pearls Before Swine. Scott Adams e Stephan Pastis hanno una tecnica di disegno modestissima  -  ci ridono su anche loro -  ma molto coerente ed espressiva, sorretta da dialoghi micidiali. Anche perché spesso si vede in giro il contrario, strisce con un bel disegno rotondo e testi scialbi e insipidi. 


Dovevo scegliere, o imparavo a disegnare o diventavo il più grande domatore al mondo di dodo. E chi lo sapeva che quegli uccellacci fossero intolleranti all'estinzione, al momento era parsa la scelta più intelligente. Ogni tanto provo a disegnare per migliorarmi, ma faccio schifo, quindi mi arrabbio, quindi smetto di disegnare, quindi non miglioro. La volta dopo stesso circolo vizioso, una frustrazione che non ti dico e neanche un dodo su cui sfogarmi. Onestamente penso di non essere portato per il disegno, anzi, non credo di essere portato proprio per il fumetto ma continuo saltuariamente a farlo perché siamo animali irrazionali stupidi e compiamo scelte incomprensibili, siamo peggio dei dodo.




Passiamo allora a un paio di riflessioni partendo dalla tua pagina Gattini Assassini Sudati. Saltiamo la parte in cui ci diamo ragione sulla famosa affermazione di Umberto Eco: “il web ha dato diritto di parola a legioni di imbecilli”. D’accordo, non immaginavamo che ci fosse così tanta gente, e purtroppo anche vecchi amici, ossessionati dal complottismo, nemmeno che si potesse abboccare a bufale così esagerate. Neppure che ci fossero così tanti estimatori delle frasi da calendario di Frate Indovino. Ma non è fatica sprecata fare satira surreale di tutto ciò sullo stesso Facebook? Per definizione l’imbecille non ha consapevolezza. 
Però è soprattutto un’altra la riflessione che volevo proporti, da osservatore del mondo dei fumetti. In questi dieci anni l’aspetto più rilevante è stata la trasformazione del modo di comunicare, monopolizzato dalla bacheca di Facebook. Per un disegnatore di strisce, vignette, ecc, non è la morte civile vedere affogare le sue proposte nel marasma di idiozie delle bacheche, senza nessuna gerarchia (se non quella dei mi piace), alla pari degli sfoghi di qualunque cazzone? 


Prendere in giro Facebook da una pagina Facebook si porta dietro due idiosincrasie: la prima si riassume nell'accusa di ipocrisia per la quale posso anche dichiararmi colpevole, vostro onore (ma quindi non posso sbertucciare l'auto che mi sbanda davanti perché anch'io sono su un'auto?), la seconda è, come dici, che la satira venga disinnescata dalla non comprensione. La satira per definizione, che la si faccia bene o male, è una riflessione seconda, dice A ma intende B, richiede capacità di decodifica, social network o meno, on line od off line, quindi la questione si pone a monte. Nella mia satiretta amatoriale da due soldi, non è che mi concentri esclusivamente su Facebook. Spesso ne prendo in giro i tic ma solo perché è uno dei veicoli attraverso i quali, oggi, si esplica la socialità umana generale, il vero bersaglio. 
Riguardo la seconda domanda, il social network di Zuckerberg è straniante perché può metterti in fila il video del gattino che si scaccola, la testimonianza strappalacrime di un amico che ha appena perso un parente e un post complottista sui poteri forti dell'enigmistica. Registri diversi, gradi emotivi disparati, profondità totalmente dissimili, tutto frullato nello stesso bicchiere. "Anything goes", è la quintessenza del postmodernismo. Senza fare lo snob, non posso dire di essere un appassionato fruitore di Faceboook ma comprendo l'importanza imprescindibile dei social network. Io lo uso come canale (ho anche un blog a fumetti e uno misto testi/fumetti, giustamente ignorati) e se la mia chincaglieria si perde tra pappagallini che ruttano e cure omeopatiche per l'ambidestrismo, beh, le regole sono quelle.


Ultime riflessioni da osservatore e anche studioso del mondo delle comic strip. In questi dieci anni che cosa è cambiato? Quali sono le strisce che ora ti piacciono di più? Il declino di questo artigianato fumettistico nato sui quotidiani è inarrestabile? Che futuro avrà?  


Ma io che cacchio ne so (qui risponde l'osservatore). Non ci capisco nulla (qui risponde lo "studioso"). In dieci anni credo sia cambiato principalmente il mezzo, o meglio, quel cambiamento già in corso da tempo ha preso maggiormente corpo: ci sono molti webcomic che si esprimono in formato striscia. Online non c'è quel filtro che la carta (l'editore) opera, quindi quantità non significa necessariamente qualità ma ci sono fumetti davvero validi (e spesso, comunque, neanche la carta è una garanzia di eccellenza). Da amante dell'umorismo cattivo, apprezzo molto Cyanide & Happiness o Joan Cornellà (gli amici pedanti a casa faranno notare che, tecnicamente, si tratta spesso di tavole più che di strisce). Seguo da tempo anche Sinfest che negli anni ha cambiato atmosfere e registro, diventando più narrativa e meno scoppiettante, talvolta non convincendomi appieno, ma è disegnata benissimo e sempre meglio. Da lettore di Linus continuo a seguire, in particolare, l'insuperabile Dilbert, Doonesbury, Monty e Pearls Before Swine / Perle ai Porci che avevo scoperto sul sito del relativo Syndicate prima che sbarcasse in Italia (abitudine di consultazione e ricerca che ho un po' perso). Ogni tanto torno sui classici (Peanuts, B.C., Calvin & Hobbes...). Ci sono anche alcuni italiani che mi piacciono ma siccome sono un vigliacco che teme di dimenticarsi qualcuno non faccio nomi. 
La striscia sparirà? È da quando ti conosco che ti batti per la sopravvivenza di questo formato ed è ancora qui: la morte più lenta della storia, un trapasso al rallenty, alla Peckinpah. Sicuramente ci sono altre modalità di fumetto che suonano più prestigiose, ne parlavamo più su, ma credo ci sia ancora spazio per le strip, sicuramente su web e un po' meno su carta; tra le riviste di settore è rimasta solo Linus, qualche scampolo si trova su pubblicazioni di altro tipo, come la pagina dedicata di Internazionale, ma penso che questa penuria di rappresentatività abbia più a che fare con una crisi dell'editoria che della striscia (o quantomeno entrambe le cose). Che futuro avrà? Nel duemila ci saranno le strisce VOLANTI, le strisce sulla LUNA e sicuramente strisce robot nate per servirci che impazziranno e ci apriranno in due come un giornalino. Ciao a tutti, stop. 



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