venerdì, settembre 19, 2008
Happy New Year di Pia
Girando per la rete siamo incappati un blog delizioso e stravagante. Titolo: Ciucci, quando l'arte si faceva da piccoli. È appena partito e la locomotiva sbuffa lenta al ritmo di due o tre post al mese. Un peccato davvero questa indolenza perché il percorso è ingegnoso: "Ciucci" ospita e commenta i disegni d'infanzia di alcuni fumettisti e illustratori italiani. La mappa dei primi disegnatori, con qualche eccezione, è alquanto inesplorata, il che aumenta ancora la curiosità. Ma gli angoli più divertenti del web sono proprio questi, quando il naso punta lo schermo perché il paesaggio è nuovo.

Uno degli autori alle prese con i vecchi quaderni di disegni ha attirato la nostra attenzione. Si chiama Mattia Burattin, arriva dalla terra di nonsisadove e ha tirato fuori una comic strip intitolata "Happy New Year" firmandola con lo pseudonimo di Pia. Vale la pena dedicarci due righe perché è tra le più belle novità di questo 2008, anche se l'autore è alquanto svagato e la distribuzione delle tavole a dir poco anomala ed esoterica. La nemesi dello spam e l'antitesi dell'autopromozione. Sentite la storia.
Di norma, quando non si è tesserati nel club "fuori di balcone", un nuovo e giovane fumettista fa di tutto per farsi conoscere. Burattin decide invece "di non pubblicizzare molto questa cosa" (sic) e spedisce ogni giorno la strip a una lista di amici, allargata poi a richiesta. Niente sito, niente blog. Se la scopri perché qualcuno te ne ha parlato bene. Tutto funzionerebbe a passaparola allora, basta la curiosità. In realtà neppure così. La strip arriva a qualche centinaio di caselle, 300 per l'esattezza. Tra noi di Balloons Umberto Randoli per primo ci ha provato e l'ha ricevuta subito. Solo grazie alla sua intercessione, dopo tre settimane di tentativi, sono felicemente diventato il destinatario numero 301 (non esiste un servizio arretrati purtroppo).
Il carneade Burattin poi non si nega del tutto e in questa pagina su Saldapress, la prima recensione apparsa sul web, mostra la sua aria da squinternato e offre un assaggio pubblico scaricabile di sei strisce.

Non sappiamo come andrà a finire e nel caso ci sarà da rivedere qualche pagina dei manuali di marketing. Tra l'altro Happy New Year è una strip ad orologeria, è partita il 31 dicembre 2007 e chiude, nelle dichiarazioni dell'autore, con l'ultimo giorno di questo anno.
L'infinità di variazioni su uno schema sta nella cassetta degli attrezzi di molti cartoonist. Questa striscia però ci ha richiamato in mente gli esercizi di stile di Raymond Queneau: un episodio di sconcertante banalità raccontato da ogni punto di vista possibile ricorrendo a tutti i possibili virtuosismi linguistici.
È la notte di fine anno, siamo al conteggio finale. Scenario un pendolo, un calice, protagonista un tipo con un ciuffo impomatato a banana, disegnato come un ectoplasma delle antiche comic strip della metà del secolo scorso. C'è una festa, sentiamo gli altri scandire i secondi finali, lui è solo, o meglio, isolato. Ogni volta daccapo, propone riflessioni, amarezze, battute, nonsense, quesiti, qualche volta rivolge i pensieri e dialoga con un amore probabilmente perduto o controverso.

"This is not a funny strip. You are not supposed to laugh", avvisa Burattin. Non aspettatevi le risate. A parte il fatto che qualche volta fa sorridere, grazie, ma lo sapevamo già. C'è una tradizione lunga più di un secolo, solo il lettore principiante rimane deluso se non trova una barzelletta illustrata.
Verrebbe voglia di fare cento domande all'autore per smontare meccanismi e radici, capire come sia possibile ideare una striscia così. Per ora godetevela, se ci riuscite, è potente, letteraria nella sua semplicità, racconta e incanta. La casella di posta è piabura[at]gmail.com. Ci sono ancora 103 giorni alla fine dell'anno. Mandategli i saluti e i complimenti da parte di Balloons.
[Ultim'ora, come dicono nei quotidiani: Burattin ha risposto a un paio di quesiti. Nel prossimo post, inserito nella serie "Come nasce una striscia" l'autore ci parlerà direttamente di Happy New Year]
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mercoledì, ottobre 15, 2008
HNY di Pia: errata corrige (deviando per David Lynch)
La pubblicazione di un "errata corrige" è un atto dovuto di serietà nei confronti del lettore e della persona alla quale abbiamo dato voce. E ci divertiamo molto a essere seri. Pia poi ci ha mandato dei disegni, a partire da questo, nominando il file in modo significativo "alt stop fermi tutti". C'era qualcosa da aggiungere e specificare. Si chiacchiera di fumetto e strip con qualche divagazione e scoperta.

Prima rettifica: avevamo chiesto perché mai nelle mail di distribuzione della strip scrivesse la frase "this is not a funny strip - you are not supposed to laugh". Il discorso poi si è spostato sui termini adoperati in inglese per definire una striscia.
Umberto Randoli gli ha fatto notare:
In realtà credo che la striscia sia proprio la "comic strip" Per il fumetto in genere si usa comic.Il termine cartoon in genere l'ho visto utilizzato solo per gli Editorial Cartoons che sono in genere vignette (ma anche strip) con un carattere di attualità, diciamo le vignette di Vauro o Giannelli. Se vai sul sito di gocomics vedi che anche loro fanno questa divisione. Su Wikipedia si trova la definizione più corretta di tutte per il genere di fumetto di cui si occupa il nostro blog: "newspaper comic strip". Comunque credo che anche in America non abbiano le idee ben chiare. In ogni caso noi siamo "Balloons - Il blog delle comic strip" e quindi per noi la traduzione di striscia è comic strip.
Risposta di Burattin:
Mi sa che hai ragione tu. La beffa di questa storia è che dapprincipio anch'io sapevo che comic significava fumetto in generale (strisce comprese, anzi mi pareva appunto che il termine derivasse storicamente proprio da lì) altrimenti non mi sarebbe venuto in mente il gioco di parole che volevo fare. Poi in preda a strani dubbi feci una ricerca e mi convinsi del contrario. Non ricordo che cosa lessi a favore di tale teoria. Insomma, aveva assolutamente ragione Munari: pensare confonde le idee. E io resto con uno slogan che oramai non posso cambiare!
Che significa" L'antispam risponde per me"?
So che buona parte delle caselle a cui spedisco filtri i miei messaggi: dopotutto la mia operazione ha tutte le caratteristiche dello spam. Un po' mi sento in colpa per l'intasamento che procuro nella posta dei lettori quindi meglio finire.
Poi non è solo l'automatismo dell'antispam: un lettore può anche non avere voglia di leggermi tutti i giorni...Molti non vedono l'ora che arrivi capodanno.

E se i lettori non ti seguissero con facilità come per HNY? In fondo dedicarsi a un soggetto è come dare un punto di riferimento preciso al proprio pubblico, avere un marchio facilmente identificabile. L'idea di sviluppare una strip magari più complessa come scenario e cast partendo da questa esperienza non ti sfiora? Voglio provare a essere un po' più cattivo: e se mostrassi negli altri generi invece di essere meno "portato"?
Dire che qui, con Happy New Year, i lettori mi seguano con facilità mi pare un azzardo! Fino ad ora è la cosa più ostica e repellente che abbia mai sottoposto a un pubblico. Credo sia un fumetto per pochi (e con questo non mi sto dando delle arie: "pochi" non significa "eletti" o "migliori", significa "non tanti").
Invece, ad esempio, il genere comico è più facile. Il comico mette d'accordo più persone e personalmente mi sento più incline a questo genere. Se questa sensazione si rivelasse un abbaglio tornerò sui miei passi e mi iscriverò a giurisprudenza.
Staccarmi dall'idea di marchio è invece proprio il mio obiettivo. Da un lato per il pubblico ricondurre un nome a un'opera è comodo e pure interessante, ma molto spesso da questo meccanismo parte il marcio del mondo dell'arte (non solo fumetti, ma quindi anche arte figurativa, letteratura, musica, cinema, ecc...), ovvero l'importanza del nome, dell'artista e non delle singole opere. Credo che ogni artista anche dalla lunga carriera, se non vuole evolvere nella malattia mentale, dovrebbe affrontare la sua prossima opera esattamente come fosse un esordiente. Questo permette inoltre una libertà che invece l'attesa del pubblico in un modo o nell'altro limita o influenza. Adoro Pessoa che aveva tipo 28 pseudonimi; apprezzo Moebius che, pur mantenendo pubbliche le sue due identità, ha chiaramente delineato la sua opera; capisco Battiato e i suoi scarti di lato.
(Se uso così tanti punti e virgola è perché, mentre tutti pensano a salvare i panda, nessuno salvaguarda questo adorabile segno).
Sviluppare una strip magari più complessa come scenario e cast partendo da questa esperienza ucciderebbe questa stessa esperienza: il progetto Happy New Year dichiara i suoi intenti sia nel contenuto che nella forma. Mi solletica invece l'idea di creare un universo fantastico coerente (come ha fatto ad esempio Denys Arcand con la sua trilogia): insomma, se mai riprenderò in mano questo personaggio sarà per progetti tangenti se non paralleli, ma queste per ora sono soltanto fantasticherie.

Perché mai il pozzo delle tue idee deve necessariamente esaurirsi in un anno esatto? In fondo l'anno è una convenzione temporale.
Infatti il pozzo l'ho chiuso io artificialmente. Ho chiuso il cervello a maggio (è bellissimo, dovreste provare). Però fino a maggio [NdR: tutte le strip, come ci ha detto nel post precedente erano già pronte alla fine di quel mese] ha funzionato come non ha funzionato mai: per mantenere la metafora idraulica da gennaio a maggio ho ristretto lo sfiato e la pressione d'uscita è aumentata. Se reputo le idee che avanzano proprio belle le userò come contenuto speciale per Happy New Year Director's Cut che uscirà fra 20 anni. O magari -e questo è più probabile- per sostituire strisce intraducibili (vorrei esportarle) o brutte (è mio genuino desiderio pubblicare anche in Italia). Anzi: dovrei indire un censimento tra i lettori per eleggere le 10 strisce peggiori: mi sarebbe d'aiuto.
Andrea G. Ciccarelli di Salda press ha delineato parallelismi con la striscia sempre uguale di David Lynch. Qual è questa striscia? Lynch disegna strip?
Ma come? non la conoscete? mettetela subito sul vostro blog!
Disegnare nel caso della sua strip è una parola grossa. Dice bene Burattin: "mettetela". Una basta. Sapete quando si dice "vista una, le hai viste tutte"?

Beh, questa è letteralmente la situazione. In 'The Angriest Dog in The World' ("Il Cane Più Furibondo nel Mondo") le immagini rimangono sempre le stesse. Un cane tira una catena, sempre più incavolato, si fa notte. Cambiano solo i testi. Leggiamo spunti in tipico stile Lynch come "sapevate che pinocchio amava gli uccelli? Oppure "se ogni cosa fosse reale…" La partitura da incubi è quella tipica dell'autore. Potete vedere - pardon - leggere altre strisce di Lynch in questa pagina e provare a interpretarle con questo testo su linchtown.com e questa piccola intervista. Vi abbiamo già raccontato che negli USA, come del resto anche in Italia, la comic strip, la striscia è popolare come mezzo per divertirsi e comunicare, così come si suona la chitarra tra amici. In questo caso trattandosi di strimpello proveniente da nobile artista il bello è che la strip è stata anche pubblicata in alcuni giornali locali. Del resto da diversi anni ormai resiste Pupilla su Linus. Che dire: gente, provate così.]
Sì, sono un autodidatta: ho cominciato a disegnare a 4 anni e a fare fumetti a 7. La primissima pubblicazione a 14 anni. Nell'autunno 2004 mi sono iscritto al corso di Fumetto all'Accademia di Belle Arti di Bologna, ma devo ammettere che a quel punto ero già abbastanza formato. L'Accademia è stata utile per conoscere ambiente e persone che altrimenti avrei visto solamente da lontano o nemmeno visto. Qui ho anche appreso i rudimenti per stampare incisioni, tecnica per me fino ad allora esoterica.
In percorsi universitari precedenti mi sono imbattuto nella lettura di Mimesis di Auerbach che ha modificato il mio modo di vedere le storie. Utilissimo se si vuole imparare a simulare la natura. Riuscire a scrivere dei dialoghi credibili rimane infatti una delle mie difficoltà maggiori; per questo per ora prediligo il parodistico, il demenziale, il comico. O il poetico.
Un'altra cruciale lezione di sceneggiatura fu un workshop con Agnes Jaoui (che ci ha anche insegnato degli ottimi giochi di società) organizzato dalla Cineteca di Bologna: lì non ho imparato a sceneggiare, ma ho imparato che ho ancora tutto da imparare.
Tutta questa fissazione con i numeri e soprattutto il calendario potrebbe essere un problema di sanità mentale con il quale convivi pacificamente?
Tutt'altro. So che la mia fine sarà sicuramente legata ai numeri: non so contare né concepire distanze. Soccombo spesso sotto il peso di Economia e Burocrazia. "Uno, due, molti".
Mi piacciono invece i calendari e le mappe geografiche. Ma li uso ambedue proiettandomi verso il passato, ovvero per ricostruire la storia e per ripercorrere tragitti.
Il conto alla rovescia è angosciante. È la vita sottoposta alla morte. Se ho un appuntamento alla sera, già alla mattina non riesco a concentrarmi su altre cose (è un problema serio). Bello invece fu quello al centro Pompidou di Parigi che attendeva il 2000. Mi faceva sentire parte della Storia e devo riconoscere che proprio quell'installazione è stata una basilare ispirazione per questo fumetto.
Infine rimango affascinato dai progetti a lungo termine, meglio se taciuti: quelle storie di incarcerati che evadono facendo una corda lunga metri coi capelli o che scavano chilometri di tunnel con un cucchiaino; lì si entra nel campo della speranza. (Dico "taciuti" perché di solito nei film chi continua a parlare dei propri progetti prima o poi muore prima d'averli realizzati, soprattutto se ne parla in Vietnam)
È stato sorprendente sentirti dichiarare che hai aspettato un anno solo perché alla fine del 2006 il pc ti è andato in palla. Ne hai parlato con qualcuno? Sei un'artista folle?
Vedi risposta sopra: sono un folle. Piccolo spazio aneddoto illustrativo: una volta il mio coinquilino (nonché compare, amico, biografo ufficiale) si permise di farmi uno scherzo nascondendomi sotto il cuscino una bottiglia di plastica vuota che da un po' girava per casa. Per i quasi due anni seguenti io radunai e conservai in completo silenzio 130 bottiglia vuote di plastica. Mai avuta una pelle così splendida: bevevo acqua a go-go. Un giorno -motivi logistici mi indicarono quale- in sua assenza disposi tutte le 130 bottiglie (che a pensarci ora son anche poche) in posizione radiale rispetto al suo cuscino illuminato da un faretto sul quale capeggiava orgogliosa la bottiglia originale. L'intero pavimento, ogni mobile (anche dentro), tutte le superfici dell'appartamento erano ricoperte di bellissime bottiglie di plastica vuote.
Concludendo: sì, nessuno sapeva di Happy New Year.
E non facciamo scherzi.
E facciamo la raccolta differenziata.

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mercoledì, marzo 04, 2009
Singloids dei Persichetti Bros
Il 2008 delle comic strip italiane è stato segnato da alcuni esordi discreti nel web. Ci sono piaciuti molto l'anomala serie Happy New Year di Pia, distribuita via "spam", il Panda Likes di Bevilacqua. L'altra piacevole sorpresa, il miglior esordio, è stata Singloids.
Cominciamo dalla scelta del nom de plume adottato dal trio di autori: Persichetti Bros. Notevole. Un po' come quelli ricercati di certi gruppi nell'antica musica progressive - qualcuno ricorderà la Premiata Forneria Marconi - evoca un'archeologia imprenditoriale fascinosa, quelle scritte sui muri delle vecchie fabbriche, con il sovrappiù dell'ironia data dal cognome molto romano e italiano. Considerata la pletora di pseudonimi richiamanti pseudoeroi ed esotismo anglofilo, possiamo sganciare il primo applauso.
Non sarà l'unico. Sono tante le scelte da bravi ragazzi. Tanto che alla fine li immaginerete come una specie di Giallappa's band dall'aria per bene, corretti e intelligenti, con camicie e golfini lindi e ben stirati. Fuori da tutto quel parafernalia finto alternativo, ancora in auge, che, sia detto tra noi, comincia a prendere parecchio alle palle.
Le strisce sono servite in Internet su dei fogli ben ordinati con wordpress, sembrano le pagine del primo della classe. Tutte le cosine al posto giusto. Nessuna pretesa di copyright geloso e possessivo del proprio capolavoro, le tavole vanno sotto licenza Creative Commons. Come dire: ci va benissimo se le prendete e diffondete, servitevi pure, ci basta che non le modifichiate e riconosciate la paternità dell'opera. Hanno capito tutto, anche prima dei syndicate americani.
Singloids è tanto ben costruita che potrebbe stare benissimo tra le molte diffuse dai syndicate americani. Non ci avrebbe sorpreso come prodotto USA. Solo che nasce sfortunatamente in Italia, in un paese ostile ai fumetti, pensata nella nostra lingua, e deve navigare nel sommerso tra cento altre.
È scritta a tre mani. I Persichetti sono tre amici milanesi. Due tecnici informatici, entrambi di nome Roberto: i loro alter ego nella striscia sono Bob, redattore di una rivista di informatica, quello riccioluto, e Ted, sistemista.

Il terzo è Stefano, il disegnatore, Sid, quello con meno capelli, in Singloids pittore con una certa dipendenza per i biscotti al cioccolato (una passione oseremo dire molto snoopyiana come la strip sotto rivela), nella vita reale illustratore professionista. Altro pregio: il trio ama stare sotto le righe, nessuna biografia sul sito, poche ciance, badano al prodotto, stanno nascosti dietro al marchio. E del resto i loro nomi sarebbero sconosciuti sulla scena.

Sono ambiziosi. Esiste una versione internazionale delle strip, tutte in un buon inglese. Anche se qui, come confessa il Ted del terzetto, traduttore (nonché curatore del blog) il rischio di far danni esiste.

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Apriamo una piccola parentesi, anche perché la questione delle versioni per il pubblico anglosassone è tra i temi cari a questo blog. Un inglese corretto non basta. Con molta consapevolezza il Roberto-Ted traduttore, confessando le sue preoccupazioni, ci ha detto: "Far ridere in un'altra lingua non è semplice e comunque anche se la traduzione è decente, mi manca la conoscenza del gergo quotidiano che userebbero i nostri personaggi se fossero anglofoni". Infatti. Ad esempio, una delle cartine al tornasole che rivela una traduzione non madrelingua è l'uso dei phrasal verb. Non c'è niente da fare, possiamo diventare bravi con l'inglese quanto vogliamo, ma mai riusciremo a ricorrere a quei verbi con preposizione e ad usarli nelle mille sfumature con disinvoltura come loro. E un madrelingua sceglie sempre tra due sinonimi quello con il phrasal verb a differenza dell'italiano che ricorrerà invece a quello con una radice latina perché gli suona più familiare e facile da ricordare. "So che in teoria bisognerebbe sempre tradurre da una lingua straniera nella propria lingua madre e mai il contrario", aggiunge Roberto. Vero, diversamente è quasi impossibile sapere quando una frase può suonare goffa. L'effetto del nostro migliore inglese è spesso, al meglio, quello di una parlata molto ingessata, da regina d'Inghilterra o da riunione d'affare nella City. Proprio quello che non vogliamo in una comic strip, dove invece il ritmare da conversazione e la tonalità popolare dei dialoghi è essenziale per la comicità. La soluzione? Una sola: la collaborazione con un madrelingua che deve proprio ripensare i dialoghi, così come avviene per tutti i grandi autori inglesi. Ognuno ha un collaboratore nei paesi di esportazione: comunicano, s'interrogano nei passaggi più difficili e rispondono con chiarimenti. Il caso più celebre è quello del rapporto di amicizia tra Gary Trudeau, l'autore di Doonesbury, e lo scomparso Enzo Baldoni.
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Le battute hanno ritmi perfetti e un italiano invidiabile. Stefano, quello che disegna, è bravo nel segno e nella colorazione. In realtà, come scoprirete prossimamente su questi schermi, è un signor professionista dell'illustrazione [rispettato il gioco di non far nomi :-)...], partito 15 anni fa dalle strisce e ritornato ora al vecchio amore.

Difficile rintracciare le influenze anche perché non sono molti gli avi dichiarati o riconosciuti dal trio. Tra questi c'è sicuramente Schulz. La scena sotto l'albero con Gea e Ted ci ricorda quella analoga dei Peanuts con gli infiniti dialoghi in cui si perdevano Charlie Brown e Piperita Patty.
In Singloids si salta con piacere e disinvoltura dall'intimismo alla satira sociale. La prospettiva sul mondo femminile è spassosa. Le amiche, Meg, Pam e Gea, sono nervose, stressate, battagliere, depresse, con le loro brave fissazioni periodiche, i sogni facili da smontare, assomigliano a quelle che conosciamo, inquadrate senza tanta compassione e senza ipocrisie. Le trovate umoristiche non mancano, grazie a un'intelligente osservazione della realtà.





Ci sono poi come in tutte le brave strip i tormentoni, classico attrezzo nella cassetta del cartoonist provetto. Una volta agganciato uno si può andare avanti per giorni sviluppandone tutte le varianti. In questo Bob si impadronisce di una rubrica della posta del cuore con effetti letali. Ammettiamolo, sarebbe il sogno di tutti noi.


L'ambientazione è cittadina, potrebbe esser una qualunque metropoli italiana, qualche indizio ci porta alla probabilmente amata e sopportata Milano.
Non mancano i riferimenti al mondo tecnologico. In fondo basta introdurre il poetico punto di vista di un gatto, frequente comparsa nella striscia.

Tra i comprimari c'è iCoso, l’unità 273K3141592OBAFGKMRNS, arrivata da non si sa dove, specie di robot casinista dal nome più lungo nella storia delle comic strip. Ma i tempi sono cambiati e forse non riuscirete a ricordarlo mai ma con il copia e incolla non si sbaglia.

Ci sono anche gli oggetti parlanti. Ma questa è una lunga storia, il disegnatore Stefano li aveva nel repertorio della sua prima striscia.

La striscia perfetta? Il rischio di Singloids a lungo andare è proprio l'eccessiva precisione, a volte la perfezione diventa frigidità. Una vecchia zia, esperta del mondo, frequentatrice molto ascoltata di queste pagine, suggerisce che, invece di mangiare biscotti al cioccolato, dovrebbero lasciarsi un po' andare, fare qualche rutto, ingollare un bel pane e salame, magari girare una canna. Sono bravi, molto, tanto vicini alla perfezione stilistica, hanno una notevole facilità di idee, costanti, produttivi, davvero "professionali" rispetto a tante altre strisce altalenanti sul web. Possono avere un gran futuro sulla carta. Forse è arrivato il momento di togliere, magari di provare con il bianco e nero, di scarrozzare fuori dai binari per vedere l'effetto che fa.
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giovedì, novembre 25, 2010
Inkspinterogeno di Grillo
La leggenda del cane a mano e in lavatrice
All’alba dei tempi, quando il mondo era in armonia e la polenta taragna scorreva garrula nei torrenti (ieri), il grande sacerdote Culo Ipocondriaco, amministratore delegato della Chiesa votata al Dio Gioppino, tutelava l’equilibrio cosmico con saggezza e giudizio, più le provvigioni. Ma un brutto giorno (ieri) un’anziana donna, antica vestale della Città Sacra e rinomata baldracca zona stadio, si recò presso il Mistico Fiume Trogolone, le cui inviolabili acque fluivano ininterrotte dalla nascita del Creato (marzo ‘82) per gettarsi nel Mare Infinito dell’Eterna Rinascita (vicino La Spezia). La vecchia sacerdotessa, rimasta sola a causa della precoce morte per forfora dell’amato Gufone da compagnia, aveva ricevuto in dono dal Dio Trafullazzi Stefano un mitico famiglio, figlio degli astri (un setter giamaicano incrociato con un pulmino che l’aveva stirato mentre attraversava) dall’imperscrutabile nome di Botolo Puzzone, come segno di fede e del fatto che l’avevano regalato a lui che preferiva una cravatta. La pia bacucca salmodiava ogni giorno il Dio accostando il suo nome a quello di svariati animali, professioni e deiezioni per ringraziarlo di averle concesso la fortuna d’un compagno il cui inebriante odore non scompariva neanche col napalm ed appestava la sua persona, la moquette e la carta da parati. Fu per coprire l’eccessivo e superbo effluvio di santità che promanava dal Botolo che, recato seco l’aromatico canide, lo tuffò nelle consacrate acque del Fiume Trogolone, in una mistica nuvola di bruschino e Bio Presto Cane a Mano. Ma il gran sacerdote si accorse del sacrilegio e maledisse la ormai puzzona:
“Tu hai profanato l’inviolabilità del Trogolone con un detersivo non dermatologicamente testato! Vergooonia!”.
“Non ho capito la domanda”.
“Non c’era nessuna domanda, deficiente. Ti condanno a candeggiare in eterno il Botolo pestilenziale e lui a candeggiare te in un ciclo infinito di lavaggi, qual novella Sisifo o Whirlpool classe A+ con la centralina in tilt. Che questa dannazione cada anche sui tuoi figli!”.
“Ma io non ho figli”.
“Allora sui figli dei tuoi figli!”.
Poi intervenne la prescrizione e vissero tutti mordaci e solventi.
Questo mito ci insegna una lezione importante che però non me la ricordo.
[Bubbolo è un numero divisibile per quanto mi pare]
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mercoledì, settembre 24, 2008
Come nasce una striscia (16) - Pia
Ritorniamo su Happy New Year, la prima striscia con una data di scadenza e diffusa solo via posta. È "fare giornalismo" sulle strip e in questi casi, per scavare sulle origini niente di meglio che far parlare l'autore e aggiungere una puntata alla serie "come nasce una striscia". Scopriremo alcune follie di Mattia Burattin, nom de plume Pia. Il dialogo è stato curato da Umberto Randoli.
In ogni mail scrivi la frase "this is not a funny strip - you are not supposed to laugh". Perché in inglese?
Per assonanza col titolo. ma anche perché volevo mantenere una laconicità e un distacco dalla striscia, che nella madre lingua avrei perso. O perché la prima versione era un gioco di parole: *this is not a comic.* *you are not supposed to laugh.* dove *comic* andava inteso sia come *comico* sia come *fumetto* stesso. Mi piaceva l'idea di affermare che questo non è un fumetto, ma qualcos'altro. Purtroppo striscia in inglese si dice cartoon, non comic come è invece possibile in Italia e allora son rimasto fregato. Poi avevo anche il timore che qualcuno non capisse la volontarietà del gioco di parole e allora ho optato per la linearità e le secchezza e l'inglese è rimasto.
In realtà comic strip significa letteralmente striscia umoristica, cartoon è termine generico usato anche per il fumetto. Potevi mantenere il tuo gioco di parole usando "this is not a comic strip" o non ti piaceva?
Mi piaceva e mi piace un sacco, infatti vi ho rinunciato malvolentieri, ma appunto come ti ho spiegato, non era esatto. Dici che funzionerebbe comunque?
La serie è davvero a termine?
L'antispam risponde per me. Ora quando esco con gli amici resto ossessionato dalla striscia perché prima o poi se ne fa un commento. Voglio uscire da questo incubo dove mi sono cacciato e ricominciarne un altro. Nuovo magari.
Dico incubo perché se è pesante leggere una striscia sempre uguale lo è anche di più farla. E poi, appunto, fosse almeno leggera passerebbe via meglio.
Devo premettere che -e qui mi gioco l'articolo sul vostro blog- che fin da piccolo mi ha fatto terrore l'idea di condannarsi una vita intera a disegnare una striscia sola. Come fa Silver, ad esempio? Non gli vien male? Dopo un po' diventa troppo mestiere e si perde la gioia di farlo. E Schulz?
Oddio. Apprezzo e capisco invece Quino. Infatti la sua striscia ha mantenuto uno standard qualitativo eccelso. Se uno non ha più idee, deve smettere. La questione del mercato è relativa: prima o poi il pubblico si abitua a tutto. Anche a leggere cose nuove. Dylan Dog non è una striscia ma ora lo trovo vuoto come una striscia che dura da secoli. Cito testualmente le parole dell'amico Enrico Banzola: "In ultima istanza si può capire una metamorfosi della serie, ma l'indagatore dell'incubo è nei fumetti il correlativo oggettivo del Partito Democratico. La roba più annacquata dell'universo." :)
Tornando a me, ho scelto di fare delle serie a strisce (quindi più di una) proprio per levarmele di torno prima possibile e quindi dedicarmi alle storie con un inizio e una fine. Come se per contratto dovessi toccare tutti i generi del fumetto! (qui la mia pazzia).
Come nasce l'idea della strip?
Nasce nell'agosto 2006 d'improvviso come solo le visioni sanno fare su un cartoncino che mostro.

Nasce innanzitutto come oggetto estetico. Il testo infatti in origine è un pretesto per il disegno. Se guardi il cartoncino noterai che, sebbene ci sia annotata l'idea generale, l'omino non dice proprio niente. In genere una serie nasce almeno da una battuta prototipo... qui no. Può suonare strana tutta questa faccenda dato che il disegno a posteriori è la cosa più effimera della striscia (tanto è vero che molte battute potrebbero benissimo funzionare anche scritte soltanto) ma sono sincero quando affermo che il mio desiderio iniziale era quello di avere tra le mani una valanga di strisce disegnate in stile retrò. Volevo fare un pattern e un pattern -mi spiace per i lettori- l'ho ottenuto.
La striscia doveva partire il 31 dicembre 2006 e durare tutto il 2007 ma proprio a dicembre mi si inchiodò il computer e persi il treno. ma è normale. meglio così: ho preso il treno dopo che era pure bisestile. A dicembre 2007 (verso il 20) mi sono quindi ritrovato con un cartoncino in mano e dei testi da inventare. Questo in treno (vero) tornando a casa dai miei. In quel viaggio ho scritto le prime 40 strisce di cui ne ho usate 3 credo, la n°1, la n°100 e un'altra che non ricordo. ah, già: la prima di settembre.
E le altre? Quando le disegni? Qual è il momento creativo?
Il metodo è stato questo: adottare lo stesso che usai un anno per scrivere poesie, ovvero segnarmi tutto quello che mi passa per la testa mentre cucino o vado in bicicletta così esattamente come lo penso, senza riscrivere in bella forma. Capita che in un giorno sistemi due settimane di strisce. A maggio (o forse ad aprile) avevo già finito di scrivere le strisce fino a dicembre. Infatti ora mi annoio. Il metodo pratico consiste nel mettere tutte le "battute" in una scatoletta e aprirla ogni giorno per pescare la fortunata che verrà disegnata. Alle volte se ne disegna una inventata il giorno stesso, altre volte si torna più indietro. Avere un serbatoio pronto dà sicurezza. Come avrete notato l'omino ha perso i capelli biondi e guadagnato un enorme ciuffo nero. Questo è frutto di schizzi sovrappensiero.
I testi sono strettamente legati al fatto che la striscia la spedisco solo via mail senza cercarmi pubblicità: sebbene l'omino non sia io -come molti credono, ecco, ad esempio *non* ho un cane- quello che viene esposto è sempre molto intimo. Talvolta ho preso proprio di sana pianta delle poesie già scritte e le ho solamente fatte declamare all'omino (il cui nome viene svelato anche in una vecchia striscia). Ho notato che all'inizio seguivo pedissequamente la mia intenzione di scrivere solo per me (tristaggini, ermetismi, blasfemie...) senza la minima preoccupazione di essere capito dal pubblico, mentre ora sto più attento alla ricerca comunque di una sorta di gag, di un accento finale. E questo è male. Questo è un buon motivo per smettere a Capodanno.

La strip è interessante anche per l'evoluzione grafica del personaggio: in un anno i capelli crescono [sopra la quinta striscia, sotto l'omino 234 tavole dopo].
Di un centimetro al mese.

Le mail sono numerate a scalare mentre le tavole con numero crescente. Non tornano i conteggi delle strisce però.
L'opera (che bello chiamarla opera) finirà con l'email -1 la notte di Capodanno. Per un totale di 367 strisce. L'anno è bisestile quindi fa 366 + 1, ovvero quella striscia che inizio tutto il 31 dicembre 2007.
Il personaggio ha del "già visto" ma non riusciamo a identificarlo. Ti sei ispirato a qualcuno o è solo un'impressione?
Apri un Popeye a caso e avrai la risposta. Il mio primo modello (dai 10 anni in poi) è Jacovitti, poi un giorno mi accorsi -tramite Cip l'arcipoliziotto- che il primo riferimento di Jacovitti era Segar, quindi Segar doveva essere il mio primissimo modello! Pisellino, Poldo, ma soprattutto l'omino standard (quello che costituisce le folle oceaniche in certe vignette) di Segar è il modello del protagonista di H.N.Y. Di Segar mi piacque anche il modo di tratteggiare e di colorare i neri: col tratteggio sporco (vedi la strega cattiva dei mari). Gli occhi vuoti invece derivano da Little Orphan Annie, un fumetto che comprai in epoca recente in edizione Oscar Mondadori e che devo ancora leggere!
Poi se proprio devo dirla tutta io sono un disegnatore precisino (mi piace la linea chiara, netta, pulita) mentre questo fumetto si permette di presentare fisionomie storte e differenti da vignetta a vignetta: questa libertà di errore è voluta sia per praticità (conoscendomi ci metterei ore a fare una striscia come dico io) sia per avvicinamento all'estetica di Krazy Kat che fa dello stortume uno spettacolo da applauso.
A Krazy Kat devo anche l'idea della variazione sul tema: infinite storie con tre elementi. il gioco entro le regole.
Quale tecnica usi? Pennarello del cartolaio sotto casa? Pennini, matite, altro? Risme di A4 rubate da qualche parte?
La tecnica più veloce possibile: la penna. Nonostante non legga Dilbert - è simpatico, ma non sopporto i disegni così rigidi - mi è rimasta in testa una cosa che lessi in un'intervista all'autore: nel suo metodo di lavoro non si permetteva di dedicare più di un'ora alla produzione della striscia del giorno. Tra idea e disegno doveva metterci un'ora, col risultato che spesso faceva tutto di corsa negli ultimi 5 minuti. Ecco, io non riesco a rispettare questa regola - anche perché scrittura e disegno sono temporalmente separati, anche da mesi - però per il disegno mi sono ispirato a questo precetto. Quindi prima di cominciare la traversata mi sono imposto di non soffermarmi sul disegno, di sorvolare su errori e imprecisioni. Infatti per me sarebbe inconcepibile un'evoluzione grafica così pesante com'è avvenuta qui in meno di un anno. Se non mi fossi imposto di disegnare alla "come viene" questo non sarebbe successo. Come ho spiegato anche in un'intervista che uscirà su ergosumpress questo fumetto nasce come esercizio e necessità, necessità che si esaurisce nell'atto. Quindi poco importa il risultato.
A Natale 2007 scavando tra i cassetti della mia vecchia cameretta trovai un blocco di fogli Fabriano lisci da 110 grammi. Era un blocco che nemmeno ricordavo risalente alla IV elementare. I fogli erano giallissimi,bellissimi. Come rito feticista e magico decisi di usare quelli per battezzare la striscia. poi per forza di cose continuai con quelli brutalmente bianchi neon comprati di conseguenza. (mi piacciono le cose vecchie...).
Le dimensioni degli originali (4 strisce per foglio) sono di 20cm x 7cm, avulse da qualsiasi standard, cucite attorno alla statura dell'omino. La penna è la "*Gipi-pen*", pilot g-tec-c4. La pilot dovrebbe seriamente pensare di pagare Gipi come testimonial d'eccezione. Nel 2004 cercavo disperatamente una penna (pennarellino fino) come quelle coi feltrini alle quali ero abituato ma che permettesse di pigiare con più decisione senza rovinarla, quando a un workshop interno al corso di fumetto all'Accademia di belle arti di Bologna Gipi tira fuori la risposta. Grande successo di massa tra gli avventori del workshop. Di qui "la Gipi-pen". Per Happy New Year avevo preso in considerazione anche il pennino, per simulare al meglio lo stile retrò, ma sono impedito. Uso una micromina 2H per fare i bordi delle vignette, la linea del pavimento, del battiscopa e le mattonelle. Ripasso a mano libera tranne i bordi che faccio con la squadra e gli angoli che faccio con la sacra cartolina [NDR: quella mostrata sopra che dette origine a tutto]. Il resto è fatto direttamente a penna per una maggiore espressività e velocità.
Se si analizza bene la composizione si scoprono tutti gli errori che derivano da tale metodo: ingombri, simmetrie, disposizioni sono imperfetti. Anzi: talvolta proprio dissonanti. Ogni tanto - quando sbaglio davvero in preda a un sonno incredibile - taglio e incollo pecette. o ridisegno la striscia da capo, come
fosse un esecuzione per solo di penna, su palcoscenico, da eseguire per intero davanti al pubblico. Il computer è usato solo in casi eccezionali.
Il baffuto esploratore d'inizio '900 a cui accenni su Ciucci è un progetto di strip o fumetto?
Strip. In realtà è più vecchia di H.N.Y. e alcune strisce sono già state pubblicate, ma soltanto a livello provinciale a Bolzano.
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