mercoledì, marzo 11, 2009

 

Hiawata Pete di Francesca Ghermandi

La Coconino Press ha pubblicato lo scorso autunno un volume di comic strip: Hiawata Pete di Francesca Ghermandi. Fermi tutti. La casa editrice di Igort, il più sofisticato tra i marchi sulla scena del fumetto italiano, loro che del "famolo strano" artistico ne hanno fatto una vocazione, pubblicano una raccolta di strisce? La curiosità è forte e la voglia di vedere le carte altrettanto.


La serie è apparsa tanti anni fa in una rivista del gruppo Valvoline, "La dolce vita". Un periodico di letteratura e immagine a 360 gradi, come si definiva. Saltiamo dritti tutta la parte del tentativo, quasi un passaggio storico, di dare una veste colta fumetto. Abbiamo obbiettivi divulgativi qua ma sarebbe macchinoso spiegare cosa è stato il gruppo Valvoline e il suo valore d'avanguardia.
La dolce vita - siamo nel 1987 - dedica uno spazio alle strisce di giovani fumettisti. Francesca Ghermandi, dopo una prima bocciatura, pensa "a un personaggio che abbia continuità", qualcosa di adatto agli spazi e tempi di una strip. Un protagonista unico e un mondo che gli gira attorno. Ama, come racconta nell'interessante intervista con Igor che introduce il libro, figure come il Paperino di
Carl Barks, il Lupo di Tex Avery, Duffy Duck. Cartoon, interpreti di gomma e indistruttibili, azione, avventura, dissacrazione e fantasia sfrenata. Attenzione perché questi sono i primi elementi per capire Hiawata inseriti assieme ad altri completamente eterogenei in una commistione unica.
Disegna un papero dal becco lungo, in questa versione iniziale più corpulento di quello che vedremo. Da un libro d'immagini su bizzarri posti in America pesca il nome di una tribù indiana, Hiawatha, perdendo poi con allegra noncuranza un'acca nella trascrizione. Nome Pete, il protagonista è nato.


Nella nuova edizione pubblicata dalla Coconino (la prima raccolta uscita per la Granata Press è fuori catalogo da tempo) l'autrice ha restaurato il bianco e nero rovinato dal tempo, rivisto i testi ma soprattutto cambiato completamente la colorazione, operazione all'epoca della prima stesura complicata (aggiungeva il colore all'originale con una pellicola a parte e il risultato era verificabile solo dopo la stampa). Il libro è introdotto da una prefazione firmata niente meno che da Daniele Luttazzi, anche se la sua scrittura, bisogna dire, non è all'altezza delle aspettative. A corredo inoltre ci sono parecchi schizzi, bozzetti e altro materiale preparatorio oltre alla conversazione con Igort intitolata "Poche parole" (in realtà tante e soddisfacenti).



Il papero si muove sorretto da un disegno davvero dinamico con frullate, torsioni in stile cartoon, ma quello che stupisce sono le ambientazioni, aggrovigliate, complesse, sature di oggetti di modernariato. Il caos dello scenario, soprattutto nelle prime tavole, sembra prendersela con una società postmoderna e iperconsumistica. Del tutto inventata, frutto di un talento davvero visionario come quello della Ghermandi. È una dimensione senza tempo, come racconta anche nell'introduzione, e per questo le strisce mantengono una validità e giustificano la riedizione.


Hiawata spiazza. E forse questo era proprio l'effetto voluto. Chi ha l'occhio assuefatto alla classica sincronia semplice di disegno e gag può perdersi o non capire dove si vada a parare. È una delle strisce più "disegnate" ed elaborate che vi capiterà di trovare (qualcosa di così complesso, con uno stile decisamente diverso, lo ricordiamo in Maakies di Tony Millionaire). Ha bisogno di spazi vasti su carta per essere davvero gustata.



Luci e ombre. Anche perché non riusciamo a far la parte di chi fa finta di capire. Spiazza perché gli ambienti sono così intricati, fascinosi e belli che devi fermarti e tornare indietro a riguardarli nei dettagli: appaiono trasparenze, strani fantasmi, acrobazie architettoniche, minuzie inverosimili.
Allo stesso tempo trama e testi sono esili, li bevi in attimo nella loro elementarità. Qualche volta si può finire a chiedersi un banale: "e allora"? Non è affatto necessario attendersi da una strip grasse risate, tutt'altro. Valgono emozioni, scorciatoie e visioni sghembe del mondo. Satira sociale disegnata? Acido adrenalinico puro per le pupille? La Callas che scrive e canta una nuova "Lucy in the sky with diamonds"? Viene da chiedersi se davvero la forma comic strip sia quella più adatta per la maestria immaginifica dell’autrice. Ad esempio, le prime tavole hanno i tempi della gag ma proseguendo, nella seconda metà della raccolta, si sviluppa una storia, diventa una continuity strip, con trame e avventure alla Carl Barks. Appaiono personaggi simil Macchia Nera, le vicende si intersecano e si sviluppano, sparisce qualsiasi battuta che chiuda in forma conclusiva la strip. Le strisce avventurose, con storie lunghe a micropuntate, sono un classico del genere, diffuse sui giornali, un appuntamento per lettori costanti, tenaci e appassionati come più non esistono. Ma poi raccolte nei comic book perdevano il taglio a striscia, anche perché non aveva più senso.


Qualche volta ci è venuto da pensare che Ghermandi si trovi più a suo agio nel racconto attraverso il puro disegno, come nella silente Pastil/Pasticca, un altro suo fumetto apprezzato dove si muove una bambina con la testa a forma di aspirina tra riferimenti lisergici e scenari onirici.


Detto questo, la visione di Hiawata è raccomandata, un 'esperienza davvero straordinaria. Il volume è raffinato, decisamente oltre la solita qualità editoriale dei fumetti in Italia, come sempre accade con la Coconino.
Francesca Ghermandi (Bologna, 1964) ha iniziato a disegnare fumetti nella seconda metà degli anni ottanta esordendo su Frigidaire, ha collaborato con una serie lunghissima di editori, riviste e giornali, è pubblicata in Francia e negli USA con un notevole curriculum presso la prestigiosa Fantagraphics. Tra i suoi lavori più curiosi sono da segnalare la sigla animata della 62esima Biennale cinema di Venezia e "Il libro delle torte", un folle e divertente manuale illustrato di cucina.

[Hiawata Pete, Francesca Ghermandi, Euro: 14,00, Coconino Press, Collana: Coconino Cult, formato 17x24, 96 pag. bicromia, brossurato]

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Commenti:
dirò una bestialità: la Ghermandi è bravissima ma a leggerla faccio la stessa fatica di quando leggevo Jacovitti. In ogni vignetta ci sono 700 cose da guardare amare e capire. Citazioni comprese.
Tutto così sempre perfetto, postmoderno, disegnato bene, pensato e ripensato, e poi ripassato a china, che dopo, uno ha voglia di andare a rilassarsi un po' mangiando pane e salame.

La vostra amatissima zietta.
 
Comecome?
Amò da dove sbucanio i collant?????
 
Ma come pane e salame?

Ma non è più buono lo speck?
A me piace lo speck e non ridete
 
ho dimenticato dov'è il mio tostapane
 
Questa recensione è approssimativa. Il libro della Ghermandi è formidabile. Non basta dire "non riusciamo a far la parte di chi fa finta di capire". Il compito del critico è quello di capire per aiutare a capire. L'introduzione di Luttazzi è in questo senso utilissima: decostruisce l'opera servendosi di categorie del situazionismo ortodosso, le più adeguate al compito, dato il tema, e spiega il senso della complicata vicenda. Luttazzi ne ha gli strumenti e le capacità, a differenza di chi ha scritto questo pezzo inutile, che ha pure la presunzione di scrivere di Luttazzi che "la sua scrittura, bisogna dire, non è all'altezza delle aspettative". Senza ovviamente spiegare perché. Confronto impari.
 
Giusto. Bisogna dire perché la scrittura di Luttazzi fa pena. Saremo allora meno approssimativi: la sua introduzione è buttata via in fretta, si vede lontano un miglio che è stata scritta per fare un favore a chissà quale amico. Poi le bocche buone si possono far incantare dalla sua firma regalata per dare un po’ di prestigio. Non capisce gran che di fumetti, credo sghignazzerebbe di gusto in bagno a leggere termini come “situazionismo ortodosso” per quel che ha scritto.
In realtà non ha una gran scrittura in generale, meglio tu ed io, ma non ci vuole molto. Non ha neanche grandi idee, ormai è stato pubblicamente accertato che copiava per i suoi testi. Ottimo teatrante di satira, un po’ sopravalutato come autore.
Quanto alla recensione, ho parlato di luci e ombre, non mi sembra di aver fatto il semplicione. Comunque rispetto la tua opinione e anzi offro 100 euro (offerta pubblica ai sensi del C.C.) se mi mostri una recensione più elaborata su questo lavoro della Ghermandi.
Confermo anche le ombre, è bravissima, disegna in modo splendido ma non c’è storia, siamo al cazzeggio puro, non si può avere talento in tutto e forse dovrebbe farsi scrivere i testi da altri.
 
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