mercoledì, agosto 29, 2007

 

Inside Woody Allen

Charlie Brown, i Peanuts, sono come certo jazz, "ripetono con ostinazione, ma con un senso del ritmo, qualche elemento fondamentale" - diceva Umberto Eco nel dibattito con Vittorini e Del Buono che vi abbiamo riproposto qualche post fa. "The comic strip, like jazz, is a uniquely American art form", un'arte con un proprio linguaggio e struttura, scriveva Richard Marschall, uno dei più grandi cultori del genere, anche lui evocando quel genere musicale per descrivere le strisce. C'è però ancora un'altra similitudine con il jazz. Anche le strisce tendono a metabolizzare un po' tutto. Qualsiasi tema o soggetto può essere "musicato" sotto la forma comic strip.
Così, nel 1976, avvenne che un personaggio tratto dalla vita reale e ormai già popolarissimo come Woody Allen divenne protagonista di una comic strip. La striscia, disegnata da
Joe Marthen, sbarcò quasi immediatamente in Italia su Linus nel numero di ottobre dello stesso anno. L'introduzione fu scritta in pompa magna da Oreste Del Buono che dirigeva il periodico con una gran voglia di perlustrare nuovi percorsi fumettistici.







Allen era già nell'immaginario collettivo un perfetto antieroe da comic strip. S'incasinava la vita con divorzi e separazioni, aveva già prodotto alcuni dei suoi più famosi capolavori (Play it again, Sam), scriveva sceneggiature e dirigeva film ai ritmi da vaporiera a cui ci ha abituato. Ma soprattutto era un personaggio di per sé, umoristico, autoironico, disadattato, pieno di ossessioni e insicurezze. O almeno questa è la parte che ha sempre recitato nelle interviste e nei contatti umani, mischiando un po' le carte con il suo mondo parallelo. Insomma era come aver trovato un Charlie Brown in carne e ossa, per di più già adorato dal pubblico, dalla critica e dalla intellighenzia. Perfetto, praticamente pronto per una trasposizione in una comic strip. Perché mai non realizzarla davvero?









In realtà le cose non erano e non sono così semplici. Del Buono venerava Allen, non poteva perdere l'occasione e Linus si spese molto dando tanto spazio a quell'esordio. La strip era carina, ma niente di eccezionale. Disinvolta e graziosa, come la definì OdB, aggiungendo che ne ricordava tante altre. E per indorare un po' la presentazione rammentava "che una striscia ha bisogno di tanta routine per diventare il disegno giusto di se stessa". Gran intenditore Del Buono, aveva naso per i fumetti e non era del tutto obnubilato dall'onore di avere, seppur cartonato, il grande Woody.
Inside Woody Allen non durò a lungo e non ebbe grande successo. Su Linus andò avanti per pochi numeri. Dopo soli due anni la striscia passo dalle mani di Joe Marthen a quelle di
Stuart Hample che proseguì sino al 1983.
Il limite della strip? Innanzitutto con un personaggio reale è in agguato sempre un effetto caricaturale. E questo, fateci caso, disturba non poco la sinfonia e l'equilibrio delle comic strip. Qualche volta gli autori ne introducono incidentalmente alcuni nelle loro tavole. Attraggono un po' perché la gente è sempre curiosa dei vip ma nel contesto spesso appaiono alieni all'universo creato dal cartoonist.
Il Woody su carta, con quella faccina, alla fine era meno espressivo e soprattutto molto meno divertente di quello vero. La strip lo trasformava in un cliché, il che forse è l'ultima cosa che desidererebbe un cultore di Allen. Aggiungeteci che la striscia era un compitino ben fatto, disegnata benino ma priva di spunti originali o gag davvero spassose. Insomma non particolarmente singolare anche per il comune lettore appassionato di comic strip.
Trovate un po' di strisce in questo archivio in rete su Barnacle Press



[Nota a margine sugli equilibrismi espressivi di certi apprezzamenti della critica, dei colleghi o dei lettori. Dubitare sempre di certi aggettivi: quando vi dicono che siete "validi fumettisti" (o che la strip "è carina" ) cominciate a cercarvi un cappio. Quel "validi" vela un giudizio di valore che galleggia tra il sei meno e il "non posso dirvi che fate schifo ma di sicuro c'è molto di meglio di voi". Non si può essere ordinari, anche in questa piccola arte.]

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Commenti:
Ricordo di aver letto quelle strip di W.A. e, oggi come allora, trovo abbiano colto molto superficialmente il suo umorismo.

Allen nasce come battutista (e dico "nasce" quasi letteralmente, perchè a 14 anni già vendeva le battute a grossi nomi dello spettacolo), questo talento non l'abbandonerà mai.
Questo è il nocciolo del suo umorismo.
Lo declinerà in varie salse (perlopiù ridicolizzando il radical chic newyorkese), ma le battute (anche se buttate lì senza il colpo di piatti del vaudeville) saranno sempre fulminanti.

Scusa se mi sono dilungato, ma adoro Woody Allen (più lo scrittore che il regista, pensa!) quindi volevo dire la mia.

Carino st'articolo comunque Max, sei indubbiamente un valido conoscitore della materia.
HA!
;)
M.
 
Questo articolo è meraviglioso. La nota finale poi è da incorniciare e rileggere ogni giorno appena svegli.

Firmato un autore da sei meno
 
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