mercoledì, febbraio 07, 2007

 

Comic strip versus Graphic novel

Inauguriamo una serie di post cialtroni.
In questo paese di Guelfi e Ghibellini non c'è niente di meglio che una diatriba insignificante tra sostenitori di generi diversi di fumetti.
Per me il fumetto è quello, le strisce, ci siamo detti Giuseppe e io in uno dei primi scambi di idee al telefono. Ovviamente leggiamo anche altri generi. Ci sono autori molto creativi (grazie, dirà qualcuno). Quello però che è insopportabile è un certo inarcamento di sopraciglia verso il mondo delle comic strip. Se avete letto un po' dei post precedenti sarà ormai chiaro che le cose non stanno affatto così. Molte serie di strisce hanno spessore, contengono eleganti citazioni e intelligenza compressa, sono capolavori di sintesi e umorismo, hanno un disegno di alto livello e delle trovate stupefacenti. È molto più difficile mettere su una striscia che funzioni rispetto al disegnare certe paginate di fumetti. Eppure non manca qualche tontolone che considera il genere minore o povero. Minore, povero?
In questa serie di post anziché buttar giù elogi alle strisce partiamo alla guerra. A colpi di ironia, come è nello stile delle comic strip.
E partiamo da una striscia di Rocky di Martin Kellerman. Abbiamo parlato
in uno dei primi post di questo cartoonist svedese e della sua prima raccolta pubblicata in Italia. Apriamo una piccola parentesi. La raccolta pubblicata dalla BD italiana merita. Acquistata con qualche perplessità dopo la segnalazione di Giuseppe Scapigliati si è rivelata una di quelle strip che crea dipendenza. Dopo un po' hai proprio voglia di leggere che mai succederà ancora a quel gruppo di sfigati. Si ride di gusto, ci si appassiona, scattano meccanismi di identificazione, specie per chi ha conosciuto giri di amici incasinati e vivaci. Incazzi e scazzi, storie di amore e di sesso squallido, nottate alcoliche, discussioni a vuoto nei pub la sera, fame nera di tutto, ormoni, scherzi atroci, sincerità di pensieri e parole da tagliare a fette, c'è un po' di tutto. Presto gli dedicheremo una recensione completa. Quanto poi alla discendenza da Fritz il Gatto di Crumb, come leggete qua sotto, ci ride su con ironia lo stesso autore.
Ma questa strip è bella anche per un altro motivo. Contiene una grandiosa presa in giro delle graphic novel tanto in auge oggi. Da notare che Rocky è una striscia molto autobiografica. Il protagonista disegna strip, come l'autore nella realtà, ed è arrivato quasi per caso nel popolarissimo Free Press Metro, raggiungendo un po' di successo.



Gente, è vero. Ci sono graphic novel pallosissime in giro. Tavole e tavole dove non accade una mazza. Inquadrature che fanno il verso al cinema, primi piani di gente pensosa e silente, così sembra tutto più intelligente, e poi dettagli e poi di nuovo il nulla. E poi cinesi, africani tosti, orientali che come al solito sono saggi o criptici, esotismo gratuito, storie d'epoca, sesso patinato, tutto un paraphernalia che dovrebbe fare figo e invece cade nei soliti cliché. Alquanto penoso, segno di un certo complesso d'inferiorità, è l'aspirazione a parificarsi ad una letteratura accademica, il tentativo di spacciarsi per genere letterario, destinato a un pubblico colto. Detto questo va riconosciuto che ci sono anche molte buone graphic novel, che Eisner è stato davvero il grande innovatore in questo campo, che Corto Maltese di Pratt era stupendo decine di anni fa prima ancora che si inventassero la categoria "graphic novel", che è piacevole leggere "5 è il numero perfetto" di Igort, la saga di "Persepolis" della Satrapi o "V for Vendetta" di Moore. Ma l'appartenenza a un genere, come sempre, non equivale ad una patente di alta cultura o buon livello. E tutta questa voglia del mercato di disperazione e storie misteriose, tragiche, funeste e soprattutto diluite sino all'inverosimile trova difficile spiegazione, così come lo sbracamento degli editori (ah, il libro, il libro, la nuova frontiera della letteratura disegnata).
Vogliamo parlare dello stile di disegno? Siamo certi che un buon cartoonist di comic strip se solo volesse potrebbe tranquillamente riconvertire i suoi personaggi per propinarveli in una graphic novel e diventare così ricco e famoso (avere una storia, come detto sopra, non è requisito essenziale). Prendiamo un autore a caso. Deco. Conoscete quello stile minimalista mutuato da certi disegnatori francesi che fanno tutti i personaggi con gli occhietti piccoli da anguilla? Tira moltissimo oggi, ne trovate a pacchi e se fate un giro per i blog lo scoprirete scopiazzato come niente. E allora ecco qua Inkspinster tramutata in "La Vieille Fille d'Encre", pronta per una graphic novel di tragedia, depressione, sconforto, silenzi.



[la serie prosegue in un prossimo post con "Comic strip versus Manga"]

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Commenti:
Fantastico! Attendo già il prossimo!
 
Fa davvero impressione vedere vicino le due Deco... magari ci starebbe una breve graphic novel con questo nuovo personaggio...
scherzo :D
 
Concordo abbastanza con tutto, però penso anche che non sia giusto essere 'integralisti', nè da un parte nè dall'altra: "fumetto è questo genere o fumetto è quest'altro".
Il fumetto ormai è "tante cose", su cui si può giudicare che siano belle o meno belle..
Io adoro le strisce, molte graphic novel e serie regolari mi fanno cadere le braccia, ma alcune che ho letto sono notevoli. Sono ritmi e modi diversi di raccontare.
 
Come detto, siamo cialtroni non integralisti.
Qui ci divertiamo solo a prendere in giro certo snobismo :-)
 
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